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COME LA CINA SFRUTTA ISRAELE PER COLPIRE GLI STATI UNITI/ADNKRONOS

Pechino usa la guerra a Gaza per logorare l'immagine di Washington in Medio Oriente e nel Sud globale. Studio Inss.

Roma, 22 set. (Adnkronos) - Per lungo tempo la Cina è stata considerata un Paese privo di antisemitismo strutturale. Anzi, la sua immagine ''filosemita'' era alimentata da una visione positiva degli ebrei come popolo ingegnoso e capace di successo economico, senza episodi storici di persecuzione paragonabili a quelli europei. Negli ultimi due anni questo scenario si è progressivamente ribaltato. Dopo il massacro del 7 ottobre e la guerra di Gaza, Pechino è accusata di aver tollerato - se non promosso - l'aumento della retorica antisemita, amplificata dai media statali e dalle piattaforme digitali domestiche.

Un recente rapporto dell'Inss (Institute for National Security Studies) di Tel Aviv analizza in dettaglio questa trasformazione. Il documento mostra come la Repubblica Popolare abbia messo in campo una campagna di influenza multilivello, con l'obiettivo non tanto di colpire Israele in quanto tale, quanto di indebolire la posizione degli Stati Uniti nel Medio Oriente e nel Sud globale. Le condanne a senso unico contro Tel Aviv, l'amplificazione della propaganda di Hamas e Iran, i paralleli tra Gaza e lo Xinjiang o tra Israele e i criminali giapponesi della Seconda guerra mondiale non sono episodi isolati, ma parte di una strategia comunicativa che lega la guerra d'informazione al confronto tra superpotenze.

Secondo il report, questa campagna si articola su quattro assi principali: la stampa statale, che propone Israele come "proxy americano" e mette in cattiva luce il sostegno Usa al governo di Netanyahu; operazioni online "coperte", con reti riconducibili a Pechino impegnate a diffondere contenuti anti-israeliani e complottismi antisemiti; la censura selettiva sulle piattaforme domestiche, che permette la circolazione di narrazioni ostili mentre ostacola voci pro-Israele; il ruolo di organizzazioni esterne, finanziate o ideologicamente vicine al Partito comunista, capaci di amplificare questi messaggi in Occidente.

L'obiettivo, scrive l'Inss, è "colpire gli Stati Uniti attraverso Israele", sfruttando la crisi per erodere la credibilità americana e guadagnare punti nel mondo arabo-musulmano e nel Sud globale.

 

L'ALLOSEMITISMO COME CHIAVE DI LETTURA

Questa dinamica si lega anche a un'evoluzione ideologica interna. In un'intervista a Emanuele Rossi per Formiche, l'analista israeliano Tuvia Gering aveva sottolineato come il cambiamento cinese sia ''non soltanto una trasformazione ideologica né semplicemente un aggiustamento tattico, ma piuttosto un intreccio di entrambi gli elementi''. La categoria dell'''allosemitismo'', che descrive una visione ambivalente degli ebrei come insieme ammirati e temuti, aiuta a spiegare la rapidità del passaggio da un filosemitismo superficiale a una ostilità alimentata dal nazionalismo han e dalla propaganda patriottica lanciata da Xi Jinping.

Gering ricorda inoltre che l'antisemitismo in Cina ''non nasce da radici religiose profonde, ma da una proiezione ideologica e politica.

Israele viene usato come strumento di confronto con gli Stati Uniti: più viene demonizzato, più si logora l'immagine americana''.

Il 7 ottobre, uno spartiacque.

La guerra di Gaza ha accelerato il processo. Dal giorno successivo agli attacchi di Hamas, la Cina ha condannato Israele senza nominare Hamas, allineandosi alla retorica di Russia e Iran. Sui social cinesi si è registrata un'ondata di contenuti ostili, compresi paragoni tra Israele e il nazismo o teorie del complotto sul ''controllo ebraico'' dei media e della finanza. La loro persistenza, in un ecosistema rigidamente controllato dal Partito comunista, ha suscitato sospetti sulla reale volontà delle autorità di intervenire.

Eppure, la Cina non sembra intenzionata ad assumere un ruolo attivo di mediatore. Il tentativo di presentarsi come ''costruttore di pace'', già visibile nell'accordo tra Iran e Arabia Saudita del 2023, si è arenato di fronte alla complessità della crisi israelo-palestinese.

Come rileva l'Inss, Pechino preferisce trarre vantaggio politico dalle difficoltà americane piuttosto che investire capitale diplomatico per la risoluzione del conflitto.

 

I LIMITI DELLA PROIEZIONE CINESE

Questa strategia presenta però limiti evidenti. Nel Medio Oriente, la sicurezza regionale continua a dipendere dagli Stati Uniti, sia nel contenimento dell'Iran sia nella cooperazione antiterrorismo. La Cina resta lontana dal farsi garante dell'ordine regionale e si accontenta di capitalizzare sulla crisi reputazionale americana.

Per Israele, il contraccolpo è stato forte: dopo l'impressione di un ''tradimento'' da parte di Pechino, solo negli ultimi mesi sono arrivati segnali di disgelo, come l'incontro tra i ministri degli Esteri Wang Yi e Gideon Sa'ar. Ma la fiducia resta incrinata.

Le implicazioni per l'Europa.

Per l'Europa e l'Italia, il tema non è marginale. Le campagne di influenza straniere che usano l'antisemitismo come strumento possono riverberarsi nelle opinioni pubbliche, alimentando polarizzazione, odio online e minacce alla sicurezza delle comunità ebraiche. Inoltre, sul piano strategico, l'Ue deve fare i conti con l'uso dell'antisemitismo come arma narrativa nel proprio quadro di valutazione dei rischi nei rapporti con Pechino: l'odio antiebraico è, oggi più che mai, uno strumento geopolitico.

 

SONDAGGIO COALIZIONE NETANYAHU SENZA MAGGIORANZA IN CASO DI VOTO

TEL AVIV (ISRAELE)(ITALPRESS) - Un nuovo sondaggio del quotidiano

israeliano Maariv ha rivelato che, se le elezioni si tenessero oggi, la coalizione del primo ministro Benjamin Netanyahu otterrebbe solo 49 seggi alla Knesset, il parlamento israeliano, mentre il centro-sinistra ne avrebbe 61, appena la maggioranza di misura. Nel sondaggio, agli intervistati è stato chiesto come avrebbero votato se due nuovi partiti si fossero presentati alla competizione - "Bennett 2026" guidato dall'ex premier Naftali Bennett e Yashar! guidato da Gadi Eisenkot, ex capo di Stato maggiore della Difesa. I risultati hanno assegnato al partito Likud di Netanyahu 25 seggi alla Knesset, cinque in più rispetto al secondo partito più grande, quello di Bennett, che dovrebbe aggiudicarsi 20 seggi. Il partito di sinistra i "Democratici" di Yair Golan otterrebbero 11 seggi, mentre il partito di destra di Avigdor Liberman, Yisrael Beytenu, ne otterrebbe 10. L'alleanza Bennett-Liberman si assicurerebbe 30 seggi, mentre Yashar! 9 seggi. I partiti religiosi Shas e Ebraismo Unito della Torah, insieme al partito del leader dell'estrema destra Itamar Ben Gvir, Otzma Yehudit, otterrebbero 8 seggi ciascuno.
Il partito dell'attuale capo dell'opposizione Yair Lapid, Yesh Atid, otterrebbe sette seggi, mentre i partiti arabi Hadash-Ta'al e Ra'am (Lista Araba Unita) ne otterrebbero cinque ciascuno. Blu e Bianco di Benny Gantz otterrebbe quattro seggi, diventando il partito più piccolo della Knesset. I partiti Balad e Sionismo Religioso di Bezalel Smotrich non supererebbero la soglia di sbarramento. Divisi in blocchi, i partiti della coalizione attuale 
otterrebbero 49 seggi, mentre il centro-sinistra ne otterrebbe 61. I restanti 10 seggi andrebbero ai partiti arabi, che tradizionalmente non aderiscono a nessuna delle due coalizioni.

 

ISRAELE: LEADER ULTRAORTODOSSI, PREMIER LIBERI RENITENTI FERMATI

(AGI) - Roma, 15 set. - Il presidente del partito ultraortodosso United Torah Judaism, Yitzhak Goldknopf, si è rivolto pubblicamente al premier israeliano Benjamin Netanyahu chiedendogli di intervenire per il rilascio dei 33 renitenti alla leva che sono stati arrestati negli ultimi giorni mentre cercavano di imbarcarsi dall'aeroporto di Tel Aviv per partecipare al pellegrinaggio annuale a Uman, in Ucraina, sulla tomba del rabbino Nachman di Bratslav.

"Mi vergogno e mi imbarazza anche solo dover fare una richiesta del genere. Sono profondamente addolorato per ciò che è accaduto ai nostri giorni, e che nello Stato ebraico gli studenti della Torah vengano arrestati e che le loro famiglie vengano vessate", ha scritto in una lettera pubblica. "Vi prego di agire in ogni modo possibile per il loro rilascio immediato e, come minimo, di permettere loro di celebrare la festa di Rosh Hashanah con le loro famiglie e di pregare nella sinagoga dove pregano ogni anno", ha aggiunto il leader haredi.

Il tema del pellegrinaggio a Uman è diventato di recente spinoso di fronte alle pressioni dei politici ultraortodossi su Netanyahu e i vertici militari affinché consentano agli studenti delle yeshivot renitenti alla leva di parteciparvi durante Rosh Hashanah, il capodanno ebraico che quest'anno cade il 23 e 24 settembre.

Oltre alle polemiche sugli alti costi del pellegrinaggio per le casse dello Stato israeliano dopo i tentativi di trovare un accordo con la Moldavia per accogliere i partecipanti, critiche hanno suscitato i tentativi dei leader haredi di ottenere la creazione di un 'quadro normativo' ad hoc per i giovani renitenti alla leva, in modo da evitare che vengano arrestati all'aeroporto.

Finora, questi tentativi sono falliti - l'ufficio del procuratore generale Gali Baharav-Miara di recente si è schierato contro, sottolineando al governo che un simile escamotage non è autorizzabile - e decine di giovani sono stati fermati allo scalo internazionale. La questione si interseca con l'assenza di una legge sulla coscrizione, spina nel fianco della coalizione di governo e motivo di forte scontro con gli alleati haredi.

 

ISRAELE: 4 EX CAPI SHIN BET CONTRO NOMINA MESSIANICO ZINI

(AGI) - Roma, 17 set. - Quattro ex direttori dello Shin Bet hanno presentato le loro obiezioni alla nomina di David Zini a capo dello Shin Bet. Lo riferisce la stampa israeliana, sottolineando che Ami Ayalon, Carmi Gillon, Nadav Argaman e Yoram Cohen hanno tutti affermato che l'uomo scelto dal premier Benjamin Netanyahu dopo la cacciata di Ronen Bar non è un candidato idoneo.

Il capo di governo la settimana scorsa ha chiesto alla commissione di anticipare entro il 21 settembre la nomina di Zini - noto per le sue posizioni messianiche e la sua affiliazione con il rabbino Zvi Yisrael Thau, la figura più estremista nell'attuale schieramento del sionismo religioso e leader spirituale del partito omofobo Noam - definendolo "il candidato più adatto" per il suo "pensiero critico".
Se a 25 anni aveva una totale avversione per l'idea di dittatura ed era consapevole dei danni - psicologici e morali - che procurava ai soldati il servizio militare nei Territori occupati palestinesi, a 51 è stato scelto dal premier, dopo un colloquio di una manciata di minuti in auto, per guidare lo Shin Bet, una delle colonne portanti della sicurezza dello Stato di Israele. Neanche due mesi dopo è stato congedato dall'Idf per aver mentito e taciuto al capo di Stato maggiore Eyal Zamir sulla nomina, bypassandolo.

A Zini, Haaretz ha dedicato una lunga analisi, ripercorrendo - tramite decine di interviste - le tappe salienti della sua vita.

La conclusione di diversi alti funzionari dell'esercito è che si tratti di "un pensatore dogmatico, incline a vedere le cose in bianco e nero e convinto che ogni problema possa essere risolto con la forza".

Il punto di svolta per Zini, dopo un iniziale periodo giovanile difficile, è stato approdare alla Yeshiva Shavei Hebron, un'istituzione che coniuga studio della Torah e preparazione per la vita militare, legata all'approccio ideologico del rabbino Zvi Yisrael Thau. Quest'ultimo è considerato la figura più estremista nell'attuale schieramento del sionismo religioso ed è leader spirituale del partito omofobo Noam, al quale il padre di Zini ha aderito nel 2021.

Zini ha scalato i gradini di una carriera tutta in ascesa che l'ha portato prima all'unità d'élite Sayeret Matkal, poi alla Brigata di fanteria Golani, fino al comando dell'unità d'élite Egoz, prima di essere nominato colonnello e comandante della Brigata di Riserva Alexandroni, sotto gli auspici dell'allora capo di Stato maggiore Gadi Eisenkot. Dopo essersi distinto durante l'Operazione Margine Protettivo a Gaza nel 2014 Zini ha ottenuto altri incarichi ma di fatto è stato allontanato dal nucleo operativo.

La promozione a maggior generale è avvenuta nel 2023 con Herzl Halevi capo di Stato maggiore dell'Idf, che ha successivamente smentito sia arrivata per le insistenti pressione della lobby dei coloni. A Zini è stata affidata la creazione di una nuova brigata di giovani ultraortodossi, la Brigata Hashmonaim.

Un'impresa ambiziosa, lanciata durante la guerra, ma che si è risolta in un fallimento, con sole 60 reclute, ben al di sotto degli obiettivi prefissati. Neanche il suo 'attivismo' e i suoi buoni contatti nel mondo haredi gli hanno permesso di rompere il 'tabu'' dell'arruolamento, tanto che nel gennaio 2025 ha subìto un'aggressione mentre si trovava a Bnei Brak a perorare la sua causa con un rabbino.

Tra le figure più importanti nella sua cerchia di riferimento - oltre al rabbino Thau e agli studi presso la yeshiva Har Hamor a Gerusalemme a lui collegata – c’è il suocero, il rabbino Eliezer Kashtiel, capo di una yeshiva di Tel Aviv e figura di spicco dell'accademia premilitare di Bnei David nell'insediamento di Eli in Cisgiordania. Kashtiel, convinto "razzista", è un attivo predicatore della necessità di procedere verso la "fase successiva", di "espellere tutti i palestinesi" e di espandere la 'Terra di Israele' "almeno fino a Beirut", ma anche alla "Turchia".

Oltre alla galassia ultraortodossa, Haaretz ricorda anche i legami con il mondo di Netanyahu della sua famiglia, a cominciare dal fratello Shmuel, assistente di Simon Falic, miliardario di Miami proprietario della catena di negozi aeroportuali Duty Free Americas, molto vicino al premier e al figlio Yair, 'esule' proprio in Florida. Così come un altro fratello, Bezalel, impegnato in passato in politica per conto del Likud e di altri partiti di destra, tra cui Noam; sceso in piazza con una sua organizzazione per sostenere la riforma della giustizia e oggi attivamente impegnato a Gaza, nella Forza Uriah del Genio, nella demolizione di edifici.

Zini gode di miti fondativi legati alla sua carriera - come la severità e uno stile di comando molto duro e determinato, associato al contempo a profondi valori religiosi - e di quelli che si sono aggiunti dopo il 7 ottobre, rivelatisi quantomeno inesatti, se non falsi, riferisce Haaretz.

Se dovesse passare il vaglio del comitato e avere il via libera del governo, si troverà a ricoprire un ruolo cruciale quanto sensibile. Il rapporto di fiducia richiesto da Netanyahu, sul quale è 'caduto' il suo predecessore Bar - che al contrario ha denunciato la pretesa da parte del premier di una lealtà alla persona e comportamenti inappropriati se non illegittimi - potrebbero mettere a dura prova lui, o la responsabilità che gli grava addosso.

Una riprova dei tempi difficili è l'attacco israeliano alla dirigenza di Hamas a Doha la settimana scorsa: il raid è stato rivendicato pubblicamente da Netanyahu che ha dato il merito all'Idf e allo Shin Bet, non al Mossad, deputato a gestire l'intelligence e le operazioni all'estero. Secondo il Washington Post, il capo dell'agenzia David Barnea si è rifiutato di partecipare, temendo di mettere a rischio i colloqui per la liberazione degli ostaggi e danneggiare i legami con il Qatar, importante mediatore regionale.

Insieme al capo degli 007, si sarebbero opposti il capo di Stato maggiore Zamir e il Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Tzachi Hanegbi. Favorevoli, oltre a Netanyahu, il ministro della Difesa Israel Katz, il ministro per gli Affari Strategici, Ron Dermer, e il capo ad interim dello Shin Bet.

E all'orizzonte, come ha ammesso lo stesso premier lunedì, c'è l'isolamento internazionale e ricadute sull'economia. Un destino, secondo Netanyahu, che può essere sventato con la trasformazione di Israele in una 'super-Sparta'. L'idea tuttavia non ha trovato grande riscontro nel Paese.

 

ERDOGAN, 'HAMAS NON È GRUPPO TERRORISTICO, A GAZA

GENOCIDIO DI NETANYAHU'

Ankara, 23 set. (Adnkronos) - La Turchia non considera Hamas come una "organizzazione terroristica", ma come un "gruppo di resistenza". Lo ha ribadito il leader turco Recep Tayyip Erdogan che ha accusato Israele di "genocidio" nella Striscia di Gaza in un'intervista a Fox News mentre proseguono i lavori dell'Assemblea generale dell'Onu e in vista dell'atteso incontro di giovedì alla Casa Bianca tra Erdogan e Donald Trump.

"Non penso si possa spiegare diversamente - ha detto Erdogan – È assolutamente un genocidio. E questo genocidio è provocato da Netanyahu. Netanyahu, senza pietà, purtroppo ha ucciso decine di migliaia di persone con questo genocidio".

"Non considero Hamas come un'organizzazione. Al contrario, penso sia un gruppo di resistenza - ha incalzato il leader turco - Usano quello che hanno per cercare di difendersi".

 

 BERNIE SANDERS, 'A GAZA È GENOCIDIO'

Washington, 18 set. (Adnkronos) - "È genocidio". Il senatore statunitense Bernie Sanders denuncia l'intervento di Israele nella Striscia di Gaza e per la prima volta, evidenziano i media americani, usa il termine "genocidio" ed è il primo senatore a farlo. "Riconosco che molte persone potrebbero non essere d'accordo con questa conclusione", afferma in un intervento pubblicato sul suo sito web dal titolo "È genocidio" dopo le conclusioni di un'inchiesta indipendente delle Nazioni Unite.

"La verità è che la strada è chiara, sia che si parli di genocidio, pulizia etnica, atrocità di massa o crimini di guerra - scrive dopo l'avvio dell'offensiva di terra delle forze israeliane a Gaza City - Noi, americani, dobbiamo porre fine alla nostra complicità nel massacro del popolo palestinese".

Sanders, nato da una famiglia ebrea, critica il "pieno sostegno" dell'Amministrazione Trump a quella che considera una "politica di pulizia etnica" del governo del premier israeliano Benjamin Netanyahu "a Gaza e in Cisgiordania". "Dopo aver reso la vita invivibile con bombardamenti e fame, spingono per la migrazione 'volontaria' dei palestinesi verso Paesi vicini per spianare la strada alla visione perversa del presidente Trump di una 'Riviera del Medio Oriente' - incalza il senatore eletto per il Vermont - Negli ultimi due anni (dall'attacco del 7 ottobre 2023 in Israele), Israele non si è limitato a difendersi da Hamas". Ma, afferma, "ha scatenato una guerra totale contro l'intero popolo palestinese".

 

MADRID, 'NETANYAHU HA POCA LEGITTIMITÀ PER DARE LEZIONI'

La ministra della Difesa in un'intervista a emittente Antena 3.

(ANSA) - MADRID, 12 SET - "Quello che voleva dire il presidente Sanchez è molto chiaro e non dobbiamo travisarlo" e il contributo della Spagna a possibili soluzioni al conflitto in Palestina non passa "dal punto di vista bellico". Lo ha detto la ministra spagnola della Difesa, Margarita Robles, in relazione ai commenti postati ieri su X dall'ufficio di presidenza del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ha accusato il governo di Pedro Sanchez di lanciare "una minaccia genocida flagrante contro l'unico Stato ebreo del mondo". Accusa che Madrid ha respinto come "false e calunniose".

In un'intervista a 'Espejo Publico' dell'emittente Antena 3, Robles ha segnalato che Israele ha violato il diritto internazionale. "Non è precisamente Netanyahu la persona legittimata per dare lezioni a nessuno, quando sta commettendo le atrocità che sta commettendo a Gaza", ha sostenuto la ministra di Difesa.

In riferimento all'assassinio dell'influencer e attivista statunitense Charlie Kirk, a fronte delle accuse di Donald Trump alla sinistra di generare un clima di odio, la titolare della Difesa ha affermato che "nessun tipo di violenza è accettabile", definendo "gravissimi tutti i fenomeni che portano alla polarizzazione".

"Questi discorsi che favoriscono la polarizzazione, divisione, odio e mancanza di rispetto a ciò che pensano le persone, quando allo stesso tempo tu non ti stai impegnando al massimo, quando stai consentendo in qualche modo ciò che stanno facendo Putin o Netanyahu, legittima molto poco a dare lezioni".

 

SPAGNA APRE INCHIESTA SU PRESUNTI CRIMINI DI GUERRA A GAZA

PG autorizza indagine nell'ambito della giurisdizione universale.

(ANSA) - MADRID, 18 SET - Il procuratore generale dello Stato spagnolo, Alvaro Garcia Ortiz, ha autorizzato l'apertura di un'indagine preliminare sulle presunte "gravi violazioni del Diritto internazionale dei Diritti Umani e del Diritto Internazionale Umanitario" commessi dall'esercito israeliano sulla Striscia di Gaza. La decisione del PG è stata sollecitata dal capo della Procura per i Diritti umani e la Memoria Democratica, Dolores Delgado, che ha confermato l'apertura dell'indagine, in base al principio di giurisdizione universale, in dichiarazioni alla radio Cadena Ser.
La decisione si basa su un rapporto della polizia nazionale inviato a giugno alla Procura, che contiene "abbondante materiale probatorio" e testimonianze protette, relativi a "gravi violazioni del diritto internazionale e umanitario", ha spiegato la procuratrice Delgado. Ha chiarito che si tratta di un'inchiesta simile a quella intrapresa dalla giustizia spagnola per indagare i 
crimini di guerra della Russia in Ucraina.

Il principio di giurisdizione universale permette ai tribunali spagnoli di perseguire crimini di estrema gravità, come il genocidio e i crimini contro l'umanità. Anche se, dopo la riforma introdotta nel 2014 dall'allora governo di Mariano Rajoy, limitatamente ai casi in cui siano coinvolti cittadini spagnoli e se la giurisdizione del Paese in cui si sono commessi i crimini, in questo caso Israele, non abbiano aperto inchieste.

La procura spagnola ha già comunicato l'apertura delle indagini alla Corte Internazionale di Giustizia e alla procura della Corte Penale Internazionale (Cpi) che hanno in corso rispettive istruttorie. Sebbene la Spagna abbia aderito alla causa intentata dal Sudafrica presso la Corte Internazionale di Giustizia e collabori con la Cpi, Israele non riconosce la giurisdizione di quest'ultima.

La procuratrice Dolores Delgado ha ricordato che la Cpi "non ha polizia propria", per cui "ha bisogno degli Stati per poter far eseguire le sue decisioni". "La Corte internazionale di Giustizia sta chiedendo agli Stari di preservare il materiale probatorio che stiamo ottenendo e contribuire così a possibili processi che potranno essere fatti", ha specificato Delgado.

"Non abbiamo mai avuto tanta informazione in tempo reale della possibile commissione di violazioni di diritti umani in tempo reale. Bisogna preservare queste prove. Immaginate se nel caso dell'Olocausto avessimo avuto questo materiale in tempo reale", ha concluso la procuratrice.

 

EX PRESIDENTE KNESSET: POSTO DI NETANYAHU È A TRIBUNALE DELL'AIA

ˇBurg: vuole fare quanto non fatto nel 1948, pulizia etnica palestinesi.

Roma, 19 set. (askanews) - "Non c'è politica, non c'è autodifesa che possa giustificare l'uccisione di decine di migliaia di persone. Se sei un criminale come Slobodan Milosevic, o un tiranno come Putin, devi essere portato in tribunale. E se sei ebreo e israeliano e ti chiami Netanyahu non hai esenzioni, anche tu vai in tribunale": è quanto ha detto l'ex presidente della Knesset, Avraham Burg, sottolineando in un'intervista a Repubblica che questo non ha nulla a che vedere con l'antisemitismo, che esiste nel mondo "come esistono l'islamofobia, la giudeofobia, l'omofobia, la xenofobia, parte di una tendenza più diffusa all'odio alimentata da politici come Trump e Netanyahu".

Secondo Burg, "lo Stato di Israele, anche prima di Netanyahu, ha trasformato l'antisemitismo in un'arma per impedire a chiunque di criticare".

"Se dico che è sbagliato negare i diritti democratici naturali di milioni di persone perché sono palestinesi, divento Hitler? Che tipo di cinica negazione dell'Olocausto è questa? – ha rimarcato - qualunque cosa Israele abbia fatto ai palestinesi nei cento anni di conflitto non giustifica i crimini contro l'umanità che Hamas ha compiuto il 7 ottobre; e qualunque cosa Hamas abbia fatto il 7 ottobre non giustifica ciò che Israele fa a Gaza". Per l'ex presidente della Knesset, il conflitto innescato dall'attacco del 7 ottobre viene portato avanti dal governo di Netanyahu per dare "attuazione alla politica dell'estrema destra che vorrebbe realizzare ciò che non è stato fatto nel '48, la pulizia etnica dei palestinesi, e sfruttare l'opportunità per attuare una politica religiosa, messianica ed escatologica, che significa conquistare la Terra Santa".

Il governo di Netanyahu vuole "impedire la creazione di uno Stato palestinese in Cisgiordania. E Gaza è la prima linea della Cisgiordania", ha aggiunto Burg, apprezzando l'iniziativa francese di riconoscere lo Stato palestinese: "Lo Stato è sempre stata la carota che tutti agitavano davanti al naso del coniglio palestinese per continuare a farlo correre, senza nessuna intenzione di realizzarlo. Macron dice: invece di mettere lo Stato palestinese alla fine del processo, facciamo che sia il punto di partenza. Da oggi in poi israeliani e palestinesi si parleranno da pari, non come un soggetto e una massa. È una mossa brillante".

 

NEGATO INGRESSO IN CISGIORDANIA A DUE LABURISTI GB EBREI

(AGI) - Roma, 20 set. - Un membro ebreo del partito laburista al governo nel Regno Unito attacca Israele pochi giorni dopo che a lui e a un altro parlamentare laburista ebreo è stato impedito da Israele di visitare la Cisgiordania.

In un editoriale pubblicato sul 'Guardian', il parlamentare Peter Prinsley afferma che l'esperienza ha dimostrato "quanto in basso Israele sia stato portato dal suo attuale governo e quanto sia cambiato, fino a renderlo quasi irriconoscibile".

Israele non ha commentato pubblicamente la decisione di impedire a Prinsley e al parlamentare Simon Opher di entrare in Cisgiordania.

"Rappresenta il grado di isolamento del governo israeliano. Mi rattrista dire che Israele oggi sembra essere un mondo lontano dai principi inclusivi, pluralistici, aperti e democratici su cui e' stato fondato nel 1948", scrive Prinsley. "Sono ebreo, uno dei pochi membri ebrei della Camera dei Comuni. Ho visitato Israele per la prima volta quando ero uno studente di medicina idealista e da allora sono tornato per trascorrere delle felici vacanze, visitando i miei familiari che vivono lì.

Sono membro del Consiglio dei Deputati degli Ebrei Britannici e un convinto sostenitore della mia sinagoga locale".

Prinsley aggiunge che gli è stato negato l'ingresso per motivi di "sicurezza pubblica o di ordine pubblico", ma afferma che non gli è stata fornita alcuna spiegazione sul motivo per cui a lui e al gruppo con cui viaggiava è stato impedito di recarsi negli ospedali della Cisgiordania.

 

SCUOLA INTITOLATA A VITTIME DELLA SHOAH IN SILENZIO PER GAZA

Insegnanti, 'non vogliamo crescere cittadini indifferenti'.

(ANSA) - GENOVA, 18 SET - Un minuto di silenzio "per sensibilizzare gli studenti sul genocidio in corso nella Striscia di Gaza" è stato organizzato stamani a Genova dagli insegnanti della scuola Descalzi-Polacco co-intitolata ai fratelli Roberto e Carlo Polacco, figli del custode della Comunità ebraica genovese, che furono deportati con i genitori durante la retata alla Sinagoga del 3 novembre 1943 e morirono ad Auschwitz.

Al minuto di silenzio osservato all'ingresso della scuola prima dell'inizio delle lezioni hanno partecipato numerosi insegnanti, alunni, genitori e semplici cittadini.

"Cari genitori, care famiglie, come molti e molte di voi sanno, la nostra scuola è dedicata a due fratellini che vennero uccisi durante il genocidio degli ebrei, all'epoca della Seconda Guerra Mondiale: - ricordano i docenti della scuola Descalzi-Polacco in una lettera pubblica - nel nostro lavoro siamo molto sensibili al tema e ci dedichiamo con cura all'approfondimento della didattica della Shoah, avendo anche un prezioso archivio storico a nostra disposizione".

"Proprio per questo, per la storia del nostro istituto e per ciò in cui noi crediamo, pensiamo sia fondamentale sensibilizzare i bambini e le bambine su ciò che sta avvenendo sotto i nostri occhi da mesi, anzi da anni, in Palestina: - proseguono - se è vero che la nostra scuola vuole insegnare cosa sia la pace, è anche vero che bisogna riconoscere cosa sia un conflitto o peggio ancora un genocidio, così come ampiamente denunciato da Amnesty International, dalle Nazioni Unite e da studiosi israeliani del gruppo B'tselem".

"Quando studiamo la Storia e gli orrori perpetrati dal nazifascismo, spesso siamo portati a chiederci: 'Perché nessuno ha fatto nulla? Perché tutti si sono girati dall'altra parte?'.

Ecco, noi non vogliamo questo per i vostri figli e figlie, non vogliamo crescere cittadini indifferenti - sottolineano gli insegnanti della scuola -. Al di sopra di ogni bandiera o schieramento politico e ideologico, vogliamo ricordarci che le scuole, a Gaza, quest'anno, non apriranno: sono stati distrutti il 97% degli edifici scolastici e sono stati uccisi centinaia di insegnanti e quasi 20.000 bambini in età scolare". (ANSA

 

PROPAL INTERROMPONO UN CONCERTO AL MUSIKVEREIN DI VIENNA

Contestato il direttore d'orchestra israeliano Lahav Shani.

Interrotto ieri sera a Vienna il concerto dei Filarmonici di Monaco al Musikverein a causa di una protesta filo-palestinese contro il direttore israeliano Lahav Shani.

Alcuni attivisti hanno urlato slogan e mostrato una bandiera palestinese, mentre un altro spettatore ha gridato "Libertà per Gaza" dirigendosi verso la scena. Il direttore ha quindi sospeso l'esecuzione fino al ritorno della calma, per poi riprendere con l'orchestra. Il pubblico ha reagito con fischi e contestazioni rivolte contro gli attivisti.

Il caso segue la recente esclusione di Shani dal Festival delle Fiandre a Gent, dove era stato criticato per non aver preso le distanze dal governo Netanyahu. "L'antisemitismo non ha posto in Europa", ha dichiarato il segretario di Stato austriaco Alexander Pröll commentando l'accaduto.