Le frasi del Papa sulla Torah aprono un caso con il Gran Rabbinato: i Rabbini chiedono al Papa chiarimenti sulle sue frasi sulla Torah. La lettera è stata inviata al cardinale Koch. Le autorità ebraiche si dicono preoccupate e trasmettono la loro "angoscia" a Francesco.

 

 

 

IL PAPA: «NON È LA LEGGE CHE SALVA, MA GESÙ»

18/08/2021  (Famiglia Cristiana, 18 agosto 2021  

 

 

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apa Francesco, nella udienza svolta nell’aula Paolo VI, parte dalle parole dell’apostolo Paolo per spiegare che la sola osservanza della legge non porta la salvezza. Un discorso delicato in cui il Pontefice chiarisce che non si tratta di disprezzare la legge o di non osservarla, ma di fare un passo oltre. Di considerare i comandamenti come spiega Paolo: un pedagogo, cioè quello che, in quei tempi, accompagnava i fanciulli a scuola perché non prendessero cattive abitudini, colui che ne sorvegliava i comportamenti. 

«L’Apostolo», dice Francesco, «sembra suggerire ai cristiani di dividere la storia della salvezza in due, e anche la sua storia personale, sono due momenti: prima di essere diventati credenti e dopo avere ricevuto la fede. Al centro si pone l’evento della morte e risurrezione di Gesù, che Paolo ha predicato per suscitare la fede nel Figlio di Dio, fonte di salvezza. È in cristo Gesù che noi siamo giustificati, siamo giustificati per la gratuità della fede in Cristo Gesù». E, dunque, «la legge c’è, i comandamenti ci sono ma ci sono due atteggiamenti, prima e dopo Gesù.

La storia precedente è determinata dall’essere “sotto la Legge”, chi andava sotto la legge si salvava; quella successiva va vissuta seguendo lo Spirito Santo». Essere sotto la legge significa essere schiavi, «il significato sotteso comporta l’idea di un asservimento negativo, tipico degli schiavi, essere sotto.

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’Apostolo lo esplicita dicendo che quando si è “sotto la Legge” si è come dei “sorvegliati” e dei “rinchiusi”, una specie di custodia preventiva. Questo tempo, dice San Paolo, è durato a lungo, da Mosè alla venuta di Gesù, e si perpetua finché si vive nel peccato».

La legge, dice ancora il Papa, «porta a definire la trasgressione e a rendere le persone consapevoli del proprio peccato. Hai fatto questo, i comandamenti e la legge dice questo, sei nel peccato», ma, aggiunge Paolo: «Quando eravamo nella debolezza della carne, le passioni peccaminose, stimolate dalla Legge, si scatenavano nelle nostre membra al fine di portare frutti per la morte. Ora invece, morti a ciò che ci teneva prigionieri, siamo stati liberati dalla Legge». Ed è venuta «la giustificazione di Cristo». In questo contesto «acquista il suo senso pieno il riferimento al ruolo pedagogico svolto dalla Legge. 

La legge è il pedagogo che ti porta dove?  A Gesù.  Nel sistema scolastico dell’antichità il pedagogo non aveva la funzione che oggi noi gli attribuiamo, vale a dire quella di sostenere l’educazione di un ragazzo o di una ragazza. All’epoca, si trattava invece di uno schiavo che aveva l’incarico di accompagnare dal maestro il figlio del padrone e poi riportarlo a casa. Doveva così proteggerlo dai pericoli e sorvegliarlo perché non assumesse comportamenti scorretti. La sua funzione era piuttosto disciplinare. Quando il ragazzo diventava adulto, il pedagogo cessava dalle sue funzioni. Il pedagogo al quale si riferisce Paolo non era l’insegnante».

Francesco spiega che «riferirsi alla legge in questi termini permette a San Paolo di chiarificare la funzione da essa svolta nella storia di Israele. La Torah, cioè la legge, era stata un atto di magnanimità da parte di Dio nei confronti del suo popolo. Certamente aveva avuto delle funzioni restrittive, ma nello stesso tempo aveva protetto il popolo, lo aveva educato, disciplinato e sostenuto nella sua debolezza. La Torah ci ha messo in cammino». 

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a poi occorre diventare adulti. È lo stesso Apostolo che scrive: «Per tutto il tempo che l’erede è fanciullo, non è per nulla differente da uno schiavo, benché sia padrone di tutto, ma dipende da tutori e amministratori fino al termine prestabilito dal padre. Così anche noi, quando eravamo fanciulli, eravamo schiavi degli elementi del mondo».

Insomma, aggiunge il Papa, «la convinzione dell’Apostolo è che la Legge possiede certamente una sua funzione positiva, portare come pedagogo avanti, ma una funzione limitata nel tempo. 

Non si può estendere la sua durata oltre misura, perché è legata alla maturazione delle persone e alla loro scelta di libertà. Una volta che si giunge alla fede, la Legge esaurisce la sua valenza propedeutica e deve cedere il posto a un’altra autorità.

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uesto cosa vuol dire? Che è finita la legge? Che crediamo in Gesù Cristo e facciamo quel che vogliamo? No, i comandamenti ci sono, ma non ci giustificano, quello che giustifica è Gesù Cristo. I comandamenti non ci danno la giustizia. Osservare i comandamenti, ma come aiuto all’incontro con Gesù Cristo, l’unico merito è aprire il cuore a Gesù Cristo».

Non bisogna cadere in equivoci: «la legge è molto importante e merita di essere considerata con attenzione per non cadere in equivoci e compiere passi falsi. Ci farà bene chiederci se viviamo ancora nel periodo in cui abbiamo bisogno della Legge, o se invece siamo ben consapevoli di aver ricevuto la grazia di essere diventati figli di Dio per vivere nell’amore. Come vivo io? Nella paura del se non faccio questo andrò all’inferno o nella gioia della gratuità della salvezza in Gesù Cristo? E anche la seconda: disprezzo i comandamenti? No, ma sapendo che quello che mi giustifica è Gesù Cristo».