Per gentile concessione di Rav Haim Fabrizio Cipriani, scrittore e musicista, Rabbino delle Comunità francesi ULIF di Marsiglia, Kehilat Kedem di Montpellier, e fondatore della comunità Etz Haim in Italia, per un ebraismo senza mura. Il suo Rabbinato affonda le radici nella tradizione italiana e chassidica. (*)

 

Che cos’è Hanukkah, quali sono i simboli che la contraddistinguono e qual è l’unicità di tale festa per il popolo ebraico?


In ebraico la parola Hanukkah significa “inaugurazione”. Nel II secolo AEV Antioco IV, re siriano di lingua e cultura greca (i siriani controllavano la regione perché l’impero di Alessandro Magno era passato nelle loro mani), volle imporre l’abbandono dell’ebraismo e dei suoi riti più centrali, come lo Shabbat e la circoncisione. Molti ebrei erano favorevoli a questo, perché vedevano certi aspetti della vita ebraica come superati, e soprattutto consideravano una cosa buona il poter avere maggiori scambi sociali con i popoli vicini, scambi che erano (e sono ancora) talvolta disturbati dal rispetto di leggi ebraiche, come per esempio quelle alimentari. I siriani avevano profanato il tempio di Gerusalemme con sacrifici idolatri, ma un gruppo di ebrei che volevano restare fedeli alle tradizioni, i Maccabei, si ribellò e si batté contro i dominatori, ma anche contro gli ebrei “assimilazionisti”, in una drammatica guerra civile.

 

Dopo la riconquista di Gerusalemme e del Tempio, che era stato violato dai siriani con sacrifici idolatri, i Maccabei ordinarono che il Tempio fosse purificato, e che le luci del Candelabro venissero riaccese. La riconsacrazione dell'altare venne celebrata per otto giorni con sacrifici e canti (Maccabei I 4:36), e una leggenda racconta che l’olio necessario a far bruciare le luci della Menorah, trovato in quantità insufficiente, bruciò miracolosamente per otto giorni.

Per questa ragione il rito principale della festa è l’accensione di luci, forse anche perché i rabbini vollero mettere l’accento sul lato spirituale della celebrazione, più che sulla vittoria militare dei ribelli ebrei, che come già detto aveva avuto anche un carattere di guerra civile. Senza contare che nessuna celebrazione ebraica festeggia una vittoria in guerra. L’ebraismo riconosce la necessità di usare talvolta mezzi militari, ma non ama celebrare questo aspetto, per evitare di cadere in un vuoto trionfalismo e in una logica di forza fisica. Per questo il motto di Hanukkah è costituito dalle parole del profeta Zaccaria, in un passo letto nella liturgia della festa: “Non con la prodezza, né con la forza, ma con il mio spirito, ha detto YHVH delle moltitudini” [Zaccaria 4:6].

Pur ricordando un evento storico, non è presente nel testo sacro della Torah per quale motivo?

Perché i Rabbini che stabilirono il canone non vollero includere testi, come i libri dei Maccabei, che narrano questi avvenimenti, scritti in greco, o testi il cui originale ebraico era andato perduto.

Perché durante questa ricorrenza le lampade del candelabro a nove braccia vengono accese in modo progressivo?

L’idea di partire da una luce e aumentarne il numero, è che quando l’ebraismo abbandona le sue particolarità, talvolta scomode ma necessarie a conservare il suo spirito, la sua luce si riduce quasi a zero, ed è poi difficile e quasi miracoloso riuscire a ritrovare il suo splendore. All’epoca dei Maccabei questo stava per avvenire, e così in altri momenti della storia ebraica.

Il termine Hanukkah, significa “inaugurare” ma anche “educare”: c’è un filo rosso che lega le due parole?

Inaugurare significa tracciare un percorso, una direzione. I due concetti quindi si raggiungono.

Come per Shabbat, sono sempre le donne ad accendere le lampade anche per Hanukkah?

No, qualsiasi membro della famiglia può farlo per tutti, e in molte famiglie ogni membro accende una propria Hanukkiah. Ma anche per Shabbat chiunque può accendere le candele, anche se è tradizione che sia una donna a farlo.

Lei oltre a essere Rabbino è un direttore d’orchestra, quale ruolo gioco la musica nell’ebraismo e quali sono i canti specifici per Hanukkah?

In realtà io sono prima di tutto un violinista. La musica ha un ruolo importante in ogni espressione ebraica perché da sempre ogni rito ebraico è cantato, nulla è recitato o semplicemente detto. Esistono canti legati alle feste, come Ma’oz Tzur o Hanerot Halalu che sono cantati subito dopo l’accensione delle luci. Ma in questa sede mi pare difficile menzionarli senza poter fare un esempio sonoro.

Il popolo d’Israele ha dovuto sempre lottare per la propria libertà religiosa, già le pagine bibliche narrano le dure prove che hanno sopportato gli Ebrei, purtroppo senza tornare troppo indietro nei secoli, invece, un’altra pagina di orrore: la Shoah. Durante l’Olocausto, lo smarrimento, il senso di abbandono ha attanagliato le vittime, la fede in JHWH è stata messa in discussione e la responsabilità di trovare la speranza sarà probabilmente ricaduta sui Rabbini, chiamati a essere come “luci” per il popolo.


Certamente le persecuzioni sono state numerose, e il clima di insicurezza oggi è nuovamente crescente. Anche se in queste epoche la luce dell’ebraismo non si è mai spenta e tornò a brillare, questo non può costituire una garanzia per il futuro, e sta ad ogni Ebreo lavorare per aggiungere luce ed energia all’ebraismo, senza permettere che le forze interne o esterne che vorrebbero vederlo affievolirsi e scomparire abbiano la meglio. I maestri Ebrei, ossia i rabbini, hanno in effetti l’onere e l’onore di ispirare e guidare questo processo.

(*) Il testo originale di questa intervista è pubblicato suhttps://www.interris.it/chiesa-cattolica/il-vero-significato-della-festa-delle-luci/

 

https://www.youtube.com/watch?v=R8J22yFFNdg

 

Ma'oz Tzur (feat. Dana Kerstein) · Erran Baron Cohen · Dana Kerstein

 

https://www.youtube.com/watch?v=z47-EC20hv8

Hanerot Halalu