Il distacco

 

Come un bizzarro manto il mare avvolge la terra in una stretta acquea, così il cosmo riempie lo spazio fuori e dentro l’esistenza di tutto.

Ci si copre e ci si sveste secondo ritmi e sensazioni sconosciute; il mistero ci domina, l’inconsapevolezza della magia divina che circonda e comprime i sogni, ci dona l’ubiquità inconscia. 

Siamo qui, seduti su un masso poggiato sopra un masso, sospesi tra le galassie e l’onirico volo tra le stelle e la luce, scagliati come luce di scintille brevi.

Sospesi e galleggianti, come il ventre materno ci accoglie, eppure naviganti in spazi lontanissimi, con la memoria imbrigliata in oscena codardia; increduli, mediocri ospiti in una gabbia dalle sbarre lontane anni luce, comunque prigionieri, comunque vincolati ad un limite.

La vita dell’essere terreno è tempesta ed è bonaccia, è pioggia e torrida sete. Il presunto bisogno, la sedicente necessità e la vanagloria, come zavorre impietose, ci costringono all’oblio senza alibi, senza riscatto, senza dignità.

L’ascesa vertiginosa verso una follia impura, ad inseguire miti e tracce rettili, attanagliati da obblighi crepuscolari, capovolge le priorità dei sensi. Non c’è un salire, non c’è un scendere, semplicemente si vaga, scomparendo nel nulla esistenziale.

Se solo la coscienza di essere nell’Eterno, se solo la fiducia del ritorno ciclico potesse illuminare i tratti d’ombra dell’umano e momentaneo tragitto, saremmo inondati di luce diafana e perfetta; senza pianto né dolore, senza rimpianto né obnubilante cruccio.

La percorrenza si farebbe volo ed il volo sarebbe distacco.

Tenero, ammaliante, depuratorio e conclusivo.

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Alessandro Scuderi