Questo Libro non è solo un libro, è un’opera polifonica e collettiva, nata da una grande, eterna domanda: Perché? – e sostenuta da un fil rouge che la anima dall’inizio alla fine: il cammino individuale ed esistenziale di Israel Cesare Moscati.

Molte sono le voci che si parlano, e quasi si rincorrono, da una pagina all’altra. Molte sono le testimonianze, dei vivi, dei sopravvissuti, dei Figli e dei nipoti della Shoah ma, anche e soprattutto, dei morti, di chi non c’è più. I loro volti si animano e si definiscono meglio pagina dopo pagina, le loro voci si odono e si articolano meglio, riga dopo riga.

Le loro mani si protendono oltre il filo spinato del ricordo, i loro occhi e i loro sguardi si definiscono, da una testimonianza all’altra: via via si definisce e si struttura – durante la lettura – il peso specifico delle loro Anime e delle loro Essenze. Voci che prima gridavano mute nel Silenzio, e dal Silenzio, nel corso del Libro si articolano in una Testimonianza collettiva.

Già: il Silenzio e la Testimonianza, ambedue colonne e araldi della Memoria, del Dovere della Memoria, della necessità del ricordo – per mai dimenticare. Concetto, quest’ultimo, che si lega strettamente all’altro grande dramma, all’altra grande domanda: la possibilità, la capacità o meno, del Perdono. Domanda, quest’ultima, che ha una sola risposta concreta e “affermativa”: quella che il perdono non potrà mai essere dato – e a nessuno apparterrà di darlo.

Il Silenzio è l’altro grande cardine attorno al quale s’impernia il significato di questo Libro. Il Silenzio di chi non c’è più e non può più parlare; il Silenzio di chi è stato strappato alla propria Vita e ai propri amori; il Silenzio di chi è stato trucidato, di chi è stato annullato nella propria identità, dignità, intimità. Ma anche il Silenzio di chi ha visto ed ha taciuto. Il Silenzio di chi ha visto ed ha tradito. Il Silenzio di chi ha visto ed ha voluto essere pagato per tacere.   

E, spesso sovrano, il Silenzio di chi non ce la fa a parlare, di chi non ce la fa a testimoniare, di chi muore eternamente, all’infinito, ogni volta in cui ricorda o tenta di parlare e testimoniare. Il Silenzio, sostanzialmente incolpevole, di tutte quelle Anime che ogni giorno, ogni notte, ogni ora, ogni istante della loro esistenza, rivivono, con gli occhi della loro memoria interiore, quanto hanno vissuto in prima persona e visto accadere.

Il Silenzio, colpevole e assordante, da una parte, e il Silenzio come dolore e inaudita testimonianza di quanto è stato, dall’altra.

E poi la Testimonianza. La Testimonianza di quanto è stato, di quanto si è visto, di quanto si è vissuto. Ma, in questo Libro, la Testimonianza non è “un piangersi addosso” – come molti Amici temevano in corso d’opera – durante la lavorazione di questo Libro. No, possiamo rassicurarli: ci sentiamo in animo, sinceramente, di “confortarli”: abbiamo capito che temevano di soffrire nuovamente, in una tortura senza anima e senza fine. Ebbene, questo Libro è sì questo, ma è anche “altro da sé”, un “altro da sé” che trova, proprio nelle varie testimonianze e attraverso le varie lettere e la risposta a ciascuna di queste lettere, la chiave di lettura, la chiave di volta, per un “riscatto esistenziale”.

Il Libro non offre una risposta al Perché?, sarebbe teologicamente improponibile in questa sede, ma individua, attraversi i vari vissuti ed i vari percorsi esistenziali, singoli e collettivi, un cammino da proporre. Un messaggio su cui riflettere e, sostanzialmente, cammini individuali sui quali riflettere, che forse non risolvono, ma aiutano. Aiutano perché, tanto quanto le testimonianze di ciò che è stato sono singole e collettive, la risposta è molteplice ma Una: e la molteplicità nell’Uno è la grande risposta mistica dell’Amore dell’Ebreo nei confronti di HaShem.

Così riscopriamo anche la grande risposta dei sopravvissuti, il loro riscatto esistenziale, sociale, culturale e spirituale; il loro esserci ancora e ancora e ancora, sempre, comunque e nonostante. La morte è divenuta, quasi, il punto di massima vicinanza dell’uomo a D-O: ora sembra quasi che, nei loro corpi martoriati, nel loro sangue, gli Ebrei vedano rilucere il volto stesso di HaShem.

Ancora, sembra quasi che, nell’Evento di Auschwitz – inteso qui come “luogo simbolo” di tutti i luoghi dell’Orrore – si sia verificata una “stazione” e una svolta dell’avventura dell’Ebreo (e in sostanza dell’Uomo) nel tempo e nello spazio, del Dialogo dell’Ebreo con HaShem, in sintesi della sua Storia. Il Messaggio universale della Torah, la sua Bellezza creativa – messaggio destinato a tutta l’umanità e non solo al popolo ebraico – risiede nella sua fonte profonda di Libertà, che ci permette di poter vivere accrescendo la nostra spiritualità e, in questo modo, contemplare l’infinita Bontà creativa di

D-O.

Torniamo al Libro: è un’opera collettiva e individuale; è una polifonia, in cui ogni singolo strumento suona, perfettamente accordato nelle sue espressività “musicali”; è, inoltre ed infine, un’opera circolare, che si inanella in cerchi concentrici, salendo verso l’alto. Dove l’inizio è uguale alla fine, dove l’inizio parla con la fine, dove non esistono soluzioni di continuità, dove – in sostanza – il Tempo non ha tempo e le Emozioni del Tempo senza tempo scandiscono, come note musicali, la lettura di ogni pagina e definiscono il ritmo particolarissimo e unico di quest’opera. 

Anche l’Indice non è un Indice: i singoli capitoli del Libro sono, in sostanza, una specie di elenco di Parashot ed ogni singola Parashah è un concetto cardine o una parola, estratti da una singola risposta di Israel Cesare Moscati a ciascuna delle lettere da lui ricevute nel corso di questi ultimi due anni, dal 2016 al 2018. Una sfida, anche questa, o, se si preferisce, un invito alla “lettura” del Perché? attraverso una riflessione interiore ed esistenziale – non priva, a sua volta, di domande, assilli, dolori, dubbi. Ma il tutto offerto con dinamicità analitica e con profondo Amore e trasformazione di sé.

Barbara de Munari