NERI E MASSONI _ Alle origini della discriminazione razziale tra i fratelli americani 

di Cécile Révauger

Traduzione dal francese a cura di Barbara de Munari

Prefazione all’Edizione italiana a cura di Barbara de Munari e Alain de Keghel.

Prefazione all’Edizione francese di Margaret C. Jacob.

Postfazione di Réné Le Moal.

Con testi originali d’epoca, in lingua anglo-americana, in Nota, nel Testo a seguire e negli Allegati (XVIII - XXI Secolo).

 

… Negli Stati Uniti, gli uomini che desiderano entrare in massoneria devono, a seconda del colore della loro pelle, presentare la propria candidatura ad una loggia che sia unicamente composta da Neri o da Bianchi.

Questo fatto suscita indignazione nella mentalità europea.

Si tratta di una separazione che risale al XVIII secolo e che trova spiegazione nel contesto schiavista dell’epoca.

Tuttavia, dopo quell'epoca, essa si è comunque istituzionalizzata.

In ogni Stato americano hanno sede una Gran Loggia nera ed una Gran Loggia bianca, ognuna delle quali riunisce sotto di sé tutte le logge, o Nere o Bianche, dello Stato in questione.

Con il passare del tempo, ogni Gran Loggia bianca ha riconosciuto ufficialmente la Gran Loggia nera del proprio Stato, anche se alcune di esse si rifiutano ancora di compiere questo passo. In ogni caso, le relazioni ufficiali sono scarse o del tutto assenti.

E i Neri, come vivono questa situazione?

Paradossalmente, essi la accettano consapevolmente, in quanto, ai loro occhi, non solo consente loro di esercitare la propria autonomia ma le fornisce anche onore e vanto.

Le Gran Logge nere, dette di Prince Hall, dal nome del fondatore della prima loggia americana nera, hanno svolto un ruolo di primo piano nell'ambito del processo di integrazione dei Neri nella società americana… tra i luoghi di Rossella O’Hara in “Via col vento” e quelli di Woopy Gooldberg ne “Il colore viola”, quest’Opera è il frutto di uno studio condotto sul posto, in territorio americano, alimentato dalla consultazione di preziosi archivi d’epoca inglesi e americani e arricchito da eccezionali interviste con gli alti responsabili e con gli analisti di ognuna delle due comunità.  

È con naturale stupore che Massoni vicini al continente africano, come gli italiani e i francesi, constatano il perdurare di pratiche segregazioniste oltre Atlantico nella maggior parte delle Logge americane. Una segregazione che non è a senso unico, ma è messa in pratica tanto da parte dei Fratelli Afro-americani quanto da quelli di origine europea. Si tratta di un contrasto che pone ovviamente molte domande a coloro i quali si richiamano ai princìpi fondanti di Anderson, poiché il concetto di “Centro di Unione” è consustanziale alla filosofia massonica.

È necessaria una conoscenza molto approfondita dell’America, ma essa sola non è ancora sufficiente a cogliere – e tanto meno a far comprendere – l’enorme complessità della società americana e della problematica della coabitazione razziale.

Il fascino esercitato dall’America sugli europei occidentali dall’epoca del Mayflower e dei primi coloni sbarcati sulla costa Est dell’America ha trovato espressioni diverse in Francia, connotate dalla suggestione dominante che lo spirito dei primi puritani e dei loro avatar viva ancora nel tempo.

Da Voltaire a Sartre, senza dimenticare Alexis de Tocqueville, osservatore ineguagliabile della società americana in divenire, sappiamo che gli europei sono non solo sedotti da una sorta di esotismo, che essi credono di poter trovare in questo nuovo grande Paese, ma hanno anche un’ottica profondamente sfalsata in merito ad alcune abitudini americane di pensare e di fare…

… Scrivere un’opera dedicata ai massoni neri americani quando si è donna, bianca e francese, è come una scommessa. È come disprezzare l’intendimento di Joseph Walkes, storico molto rispettato ai suoi tempi, l’epoca delle Gran Logge di Prince Hall:

1.     La storia del Nero americano è la storia della massoneria di Prince Hall.

2.     La storia della massoneria di Prince Hall deve essere scritta da un massone nero di Prince Hall, perché lui solo è in grado di comprendere e interpretare l’esperienza nera.

Quest’affermazione, non poco presuntuosa, viene in pratica a ridurre la storia dei Neri americani a quella delle Gran Logge – dette di Prince Hall dal nome del loro fondatore, un Nero libero che visse a Boston nella seconda metà del diciottesimo secolo. Il primo requisito essenziale di uno storico della massoneria nera sarebbe dunque, secondo Walkes, la sua negritudine.

Un Grande Ufficiale della Gran Loggia di Prince Hall ebbe a dichiarare, inoltre, nell’ambito di un incontro privato, come fosse inconcepibile pensare a una donna che si dedicasse allo studio della storia.

E che dire della pretesa necessità di essere nero per parlare di Neri, donna per parlare di donne, massone per parlare di massoni? Sarebbe come dichiarare categoricamente che solo i calzolai hanno il diritto di scrivere la storia delle scarpe! In sostanza, si tratterebbe di negare qualsiasi tipo di approccio scientifico e di rinunciare completamente a qualsiasi prospettiva critica. In realtà, nessuno è proprietario di una storia, quale che essa sia.

Infine una precisazione a parte merita di essere fatta per quanto attiene alla scelta terminologica. Anche a rischio di essere etichettata “politicamente scorretta”, per usare la terminologia classica del mondo anglo-sassone, la presente opera ha volutamente evitato di usare l’espressione “Africano(a) – Americano(a)”.

Infatti, il ricorso a tale perifrasi implica una sorta di adesione alla logica “comunitaria/collettiva” – o multiculturale – dei paesi anglosassoni, secondo la quale gli individui vengono a essere come classificati in base alla loro etnìa di origine, o al loro sesso, nel contesto di “comunità” diverse fra loro. Peraltro queste comunità, che rivendicano le loro specifiche diversità, dichiarano di avere “anche” diritti specifici.

Dunque questa definizione di base, ma sostanziale, che riconduce gli uomini e le donne ad una identità definita a priori, è in contraddizione con la consuetudine francese di porre gli individui sullo stesso piano di uguaglianza, in quanto cittadini della stessa nazione, rifiutando come discriminante qualsiasi genere di “classificazione” di  carattere etnico.

Questa teoria, trasformatasi in prassi, risale all’epoca della Rivoluzione francese – con la quale si proclamò l’uguaglianza dei diritti e dei doveri di tutti i cittadini, senza distinzione di classe.

Si è dunque adottata l’espressione “Nero americano”, anche a scapito di una terminologia forse più adeguata. E per quanto anch’essa non sia del tutto soddisfacente – poiché comunque si riferisce a un certo tipo di comunità – non rinchiude gli esseri umani in una determinata categoria fenotipica, come invece avviene quando si usa il termine “Africano-Americano”. Il fenotipo, in sé, è un elemento tanto oggettivo quanto banale – come ad esempio il colore degli occhi –sia che questo venga imposto dal peso delle circostanze sia che risulti scaturire da una scelta ben precisa…

©Barbara de Munari