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Con l’accompagnamento del musicista e compositore Marco De Simone, su repertorio di musica barocca con chitarra classica, il matematico di origine ebraica Michele Mele (Università degli Studi del Sannio) racconta la storia del matematico Nicolas Saunderson, primo scienziato non vedente della storia.

"Devo ammettere di invidiare gli scienziati, essi soli conoscono il linguaggio del vero e, mentre conversano con Dio, l'universo scorre tra le loro dita" (Sir William Sterndale Bennet).

Michele Mele, matematico e ricercatore universitario, autore del libro, “L’universo tra le dita”. Storie di scienziati ipovedenti o non vedenti, per le edizioni Efesto di Roma.

Introducendo l’argomento ai ragazzi, Mele ha raccontato della sua malattia che l’ha reso gravemente ipovedente, ma che non gli ha impedito di raggiungere importanti successi: “Prima di essere ipovedente sono tante altre cose, matematico, appassionato di calcio, suono il pianoforte” ha esordito salutando gli alunni presenti in aula polivalente e quelli collegati dalle altre aule.

La vita di Michele Mele è segnata dal problema agli occhi, che si è presentato all’improvviso spegnendo in lui la vista, ma non la gioia di vivere che dopo la maturità, l’ha portato a conseguire la laurea in matematica all’Università di Salerno e il Dottorato alla Federico II di Napoli, prima di occuparsi di ricerca all’Università del Sannio.

Fiducia, contesto, e inclusione: questi i tre concetti sui quali l’autore ha posto l’attenzione degli studenti, prima di rispondere alle loro domande, con un invito a non scoraggiarsi davanti alle difficoltà. Descrivendo la sua esperienza da studente, a scuola e all’università ha poi raccontato di situazioni positive e di contesti inclusivi, ma anche di pregiudizi e di problemi.

Rispetto al suo percorso universitario e alla sua attività di ricerca, Mele collegato dalla sua abitazione, rivolgendosi ai giovani cremaschi ha detto che può essere legittimo avere il dubbio: “Come fa una persona ipovedente a fare tutto questo? Ci si può chiedere, ma se il dubbio può essere legittimo, anche se risultato del pregiudizio – ha proseguito Mele – la certezza di chi pensa che non si possa riuscire a farcela, diventa discriminatoria. Solo il supporto della famiglia ha consentito di superare gli ostacoli”.

Parlando del suo ambito di studio, la matematica e le discipline scientifiche, stimolato dalle domande degli studenti, l’autore ha descritto le difficoltà ancora oggi presenti, poiché non c’è un sistema completo per consentire la scrittura in forma matematica per i non vedenti: “Scrivo in codice che poi interpreto in forma matematica”, ha concluso.

Anche per questo, ci sono poche persone cieche o ipovedenti che sono impegnate nelle discipline scientifiche, contrariamente a quanto accade in altri ambiti: “Ci sono musicisti, artisti, avvocati, ma gli scienziati sono visti come un’eccezione – ha aggiunto Mele – ci sono dei pregiudizi che allontanano gli ipovedenti dalle discipline scientifiche”. Ed ecco perché nel suo libro ha deciso di raccontare le storie di dieci personaggi del mondo scientifico, che come lui condividono malattie legate alla perdita della vista: dal matematico di fine seicento Nicholas Saunderson, all’ingegnere John Metcalf, al medico Jacob Bolotin, fino ai giorni nostri, con i chimici Mona Minkara e Henry Wedler.

 

 

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