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QUANDO GLI ARTISTI SI INNAMORANO

DELLO SPAZIO E DELLA LUCE

 

     BARRY LYNDON è un film del 1975 diretto da Stanley Kubrick, con Ryan O' Neal, Marisa Berenson , Patrick Magee, Hardy Kruger.

     Anche se all’uscita nelle sale cinematografiche non ha prodotto grandi incassi, “Barry Lyndonè oggi considerato dal pubblico e dalla critica uno dei migliori film di Kubrick e una delle più grandi opere cinematografiche mai realizzate.

      Il film, che è tratto dal romanzo di W. M. Thackeray  Le Memorie di Barry Lyndon, fu candidato a 7 premi Oscar, si aggiudicò 4 statuette, e racconta la storia di Redmond Barry nell'Inghilterra del Settecento.

     Avventuriero e arrampicatore sociale, Barry è di volta in volta insistente corteggiatore, duellante, vagabondo, soldato durante la guerra dei Sette Anni, libertino, spia, baro... e anche un po cialtrone; sostanzialmente un arrampicatore sociale – senza averne però un talento completo o la spietata spregiudicatezza. Si stanca presto, è discontinuo, è fortunato, ma riesce incredibilmente a volgere la propria fortuna in disgrazia, in modo dissennato, e a distruggere quanto di volta in volta conquista. È un vagabondo, sognatore, inquieto, amante degli agi – di cui nasce sprovvisto e che ricerca con una bramosia astuta ma con poca intelligenza.

     Come tutte le personalità narcisistiche, disperatamente concentrate solo su se stesse, è un incantatore e un affabulatore che non si accorge, o non si cura, dei sentimenti che suscita – o meglio – li sfrutta solo a proprio favore, creandosi inimicizie tragiche e generando infine il vuoto definitivo intorno a sé.

     Per le ambientazioni esterne e interne del set cinematografico, Kubrick trasse ispirazione dai più famosi paesaggisti del Diciottesimo secolo e creò e costruì un film talmente ricco di immagini e di riferimenti estetici da farne la più ampia e rigorosa rappresentazione del Settecento europeo che il cinema abbia mai prodotto.

    Le scene interne sono state tutte girate con la luce naturale delle candele, o con quella che entrava dalle finestre aperte, senza alcuna altra luce artificiale aggiunta o sovrapposta: la scena del gioco a carte, ad esempio, è arte pura.

     Per il film la Kodak stampò una pellicola specifica, detta “pellicola rossa”, da adattare ad una specifica macchina da ripresa cinematografica con lente Zeiss a luminosità 1.0,7. L’obiettivo era stato costruito dalla Zeiss per la NASA in dieci esemplari, e Kubrick ne comprò tre.

     Ottenne, così, la rappresentazione del Settecento sotto la sua stessa luce.

     La colonna sonora è bellissima: tutta settecentesca, tranne che per Schubert: https://www.youtube.com/watch?v=8V_TXNdn5ss

     Mentre la Memoria, solenne e grave, con il doppio accordo di re minore che apre la Sarabanda, diviene il simbolo di Barry Lyndon; il tema di Händel è la Sarabanda dalla Suite num. 4 in re minore HWV 437 tratta da Nove suite per clavicembalo, scritta per clavicembalo e che Leonard Rosenman arrangiò per orchestra e, come nel caso del cruciale duello, per timpani soli:

https://www.youtube.com/watch?v=zUuK-FwEPGw

     Federico Fellini ebbe a dire, in proposito, parlando del suo Casanova e di Barry Lyndon: « In Barry Lyndon la pittura dei grandi paesaggisti inglesi del Settecento è ricordata, riproposta, con intenzioni espressive, figurative, che non hanno niente a che fare con la citazione puramente storica o ambientale. Barry Lyndon vive le sue avventure, la sua esistenza, in valli, colline, foreste. Tutto sembra aperto, libero, infinito, ma è una natura vuota, disabitata, e quindi paurosa, soffocante come l'immensità di una galassia. È come se non si fosse mai mosso. Casanova a sua volta si aggira estraniato dentro se stesso, l'Europa che Giacomo visita è praticamente inesistente. In definitiva, Casanova e Barry Lyndon soffocano entrambi in uno spazio vuoto: uno, meschino, imprigionato; l'altro, talmente vasto da divenire ugualmente asfittico. È davvero molto curioso che non ci sia stato nessun critico che l'abbia notato. Hanno scritto addirittura che Casanova era l'anti Barry Lyndon!».

     La parabola di Barry Lyndon, così rocambolesca e al limite dell’assurdo nel susseguirsi quasi matematico delle sue disavventure, è tanto distante quanto vicina al nostro tempo. Sebbene i duelli con le pistole e le fughe in stile Casanova, i debiti da gioco e gli arruolamenti forzati appaiano lontani nel tempo, la tempra (im)morale del protagonista e delle persone che incontra sul suo cammino sono più che mai attuali.

     Di millantatori vanagloriosi, privi di scrupoli, pronti a tutto per arrivare in cima alla scala sociale di ricchezza e potere è piena la cronaca.

Nel suo antielogio della moralità, Barry Lyndon non è altri che un uomo che ha sognato troppo in grande. Prova vivente di come ognuno sia artefice della propria (s)fortuna e di quanto possa essere effimera una posizione conquistata attraverso le scorciatoie, senza impegno e dedizione. In una "umanistica" comprensione di vizi e di virtù, Barry Lyndon - il creatore di sogni - merita almeno un po' di compassione.

    

 

©Barbara de Munari

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