L'EUROPA NELLA TEMPESTA PERFETTA

di Jean-Dominique Giuliani Presidente della Fondazione Robert Schuman

e  Pascale Joannin Direttrice generale della Fondazione Robert Schuman

30 maggio 2022

 

Traduzione dal francese a cura di Barbara de Munari

 

L'Unione europea continua ad affrontare crisi e sorprese strategiche, ognuna più grande e più violenta.

La guerra russa in Ucraina è l'ultima in ordine di tempo. Non ci sono più crisi, c'è solo l'accelerazione di eventi imprevisti e di profondi cambiamenti. Dopo i subprimes, le finanze greche, i profughi siriani, la pandemia di Covid, ecco lo spettro della guerra che ritorna nel continente.

Tutte queste sfide minano la maggior parte delle politiche comunitarie, pur confermando l'importanza della costruzione europea.

Nelle crisi l'Unione europea ha fatto più progressi in pochi mesi che in trent'anni.

Ma paga in contanti per i suoi ritardi e le sue esitazioni.

Deve rivedere molte delle sue politiche e proiettarsi risolutamente in un mondo globale, nuovo e più brutale.

 

L'UNIONE EUROPEA HA GIÀ FATTO MOLTI PROGRESSI

Nella crisi sanitaria, sebbene il primo movimento di Stati sia stato nazionale – chiusura delle frontiere, competizione per gli strumenti antivirus – esso ha subito ceduto il passo a una reazione comune che si è manifestata nell'acquisizione e distribuzione dei vaccini, di cui l'Unione europea è divenuta rapidamente il principale produttore e il principale donatore nel mondo. Gli Stati membri poveri si sono rivolti alla cooperazione europea. Ha funzionato.

Il piano di risanamento che è seguito ha abbattuto una serie di tabù prima insormontabili. NextGenerationEU, finanziata per metà da prestiti congiunti, ha aperto la strada a sovvenzioni dirette degli Stati più colpiti dalla pandemia. Una cosa mai vista prima. Ha dato espressione concreta a una solidarietà europea che pensavamo stesse regredendo in tutti i campi.

Infine, la guerra russa in Ucraina è stata l'occasione per una reazione rapida e massiccia con l'adozione di severe sanzioni contro alcuni attori russi, a volte a scapito degli interessi economici immediati.

L'Unione europea si è dimostrata molto più reattiva di quanto non fosse stata finora. Di fronte all'emergenza si è espresso con forza il “riflesso europeo”, che non era sceso in campo per fronteggiare l'ondata migratoria del 2015. Le istituzioni comuni hanno compreso che il fattore tempo è una condizione per dimostrare la loro efficacia. La rapida adozione di nuove regole, a vocazione internazionale, è stata una sorpresa. Prima consentendo il controllo degli investimenti esteri, poi accettando prestiti congiunti e un ruolo fondamentale della Commissione europea come acquirente prima di vaccini, poi di gas. Il Digital Market Act e i futuri testi che regoleranno le attività digitali nel territorio dei 27 hanno scandito l'ora delle normative europee applicabili a tutti gli attori del settore, qualunque sia la loro nazionalità. In termini di difesa e di diplomazia, gli europei hanno saputo adottare una "bussola strategica", il primo passo verso una vera strategia globale. L'accelerazione – purtroppo ancora troppo lenta – della presa in considerazione, a livello europeo, del necessario riarmo dell'Europa è il più recente degli sviluppi verso una maggiore reattività ed efficacia della cooperazione e delle istituzioni europee.

A questo proposito, potremmo anche rilevare positivamente una svolta nell'azione congiunta degli europei, "ringiovanita" dal suo piano di ripresa, ma anche verso nuovi ambiti di competenza finora sopiti o inesplorati, ad esempio, il sostegno a tecnologie di rottura, la politica spaziale, il calcolo quantistico o la produzione di componenti elettronici (Chip Act).

Alcuni potrebbero considerare questi cambiamenti insufficienti, ma nessuno può contestare che si tratti di grandi rotture con le precedenti pratiche dell'Unione europea e con le sue regole, molte delle quali sono state sospese. Si noteranno anche iniziative individuali o bilaterali di Stati che fanno chiaramente parte di un'analisi europea, come l' "Airbus delle batterie", il Cloud europeo o i piani "Idrogeno",  più o meno concertati, in cui il ruolo della coppia franco-tedesca a volte si rivela decisivo.

Resta il fatto che l'Unione europea sta pagando in contanti per i suoi ritardi, le sue esitazioni e le sue divisioni. Ciò è particolarmente evidente in materia di energia e di difesa.

I ripetuti rifiuti di tutti gli Stati membri di costruire una politica energetica comune hanno generato danni che stanno venendo alla luce. La dipendenza dai suoi fornitori, troppo a lungo considerata un vantaggio per la cooperazione e il progresso dello stato di diritto nell'est o nel sud, costituisce ormai un notevole ostacolo al suo margine di manovra diplomatico.

In termini di difesa, il fatto di considerare la progressiva costruzione di un'autonomia strategica, vale a dire la libertà d'azione, come un attacco alla NATO, ha rallentato la volontà di fermare il disarmo europeo e di costruire insieme un vero pilastro europeo dell'Alleanza. Gli europei si sono trovati al seguito dei loro alleati transatlantici, non disposti a farsi coinvolgere in Europa in un equilibrio di potere con la Russia, ossessionati come sono dalla loro rivalità con la Cina. La guerra in Ucraina ha visto gli Stati Uniti e il Regno Unito in prima linea nella risposta alla guerra di aggressione, sia nell'intelligence e nell'analisi, sia nel sostegno tangibile all'Ucraina sotto attacco.

Questa situazione, inoltre, dimostra a contrario la complementarietà tra la NATO e l'Unione Europea. Quest'ultima ha i mezzi finanziari per assistere l'Ucraina sotto attacco, mentre la prima è potente a livello militare. Le consegne di armi finanziate dall'Unione europea dimostrano sia i limiti della sua azione sia l'evoluzione delle sue regole. Senza precedenti, trasgrediscono le regole comuni affidandosi all'azione degli Stati membri. Uno,la Francia, che detiene la Presidenza semestrale del Consiglio, mantiene l'unico canale di comunicazione occidentale con il dittatore russo, gli altri, con la Polonia e i paesi dell'Europa centrale e orientale, assicurano che l'Unione europea non farà cadere nel vuoto l’appello di un vicino che chiede aiuto.

 

LA REVISIONE, LO SVILUPPO O L'AVVIO DI POLITICHE COMUNI EUROPEE SONO QUINDI UN'OPERA ESSENZIALE PER L'UNIONE NEL PROSSIMO FUTURO

Ovviamente, il Green Deal europeo non resisterebbe a una guerra prolungata, e nemmeno a un conflitto che coinvolgesse maggiormente gli Stati membri. Il rischio è significativo. In tali circostanze, che antepongono l'urgenza alle politiche a lungo termine, vi è motivo di temere deroghe “forzate” e ripetute a disposizioni già contestate da alcuni Stati membri. L'Unione Europea deve adattare le sue politiche prima di essere costretta a un'economia di guerra.

 La “tassonomia”, tanto cara ad alcuni commissari e al Parlamento europeo, ha voluto escludere il nucleare e alla fine ha accettato di inserire il gas nelle energie di “transizione”. Questo zoppo compromesso non avrebbe mai dovuto riguardare l'energia nucleare, che contribuisce all'indipendenza energetica dell'Europa, né dovrebbe includere il gas di cui tutti ora vogliono liberarsi o per il quale intendono urgentemente cambiare fornitore. Le industrie della difesa che sono anche nella lista nera dovrebbero essere espressamente escluse dagli stessi tentativi.

In agricoltura, il destino dei pesticidi, senza uno studio di impatto, rischia di portare a una riduzione della produzione di cereali e ad un aumento della carenza e del prezzo dei generi alimentari di base in un momento in cui Russia e Ucraina, i due principali fornitori dei paesi in via di sviluppo, stanno riducendo drasticamente le loro esportazioni. L'Unione Europea ha una scelta: o perseguire la sua politica sviluppata sotto la pressione eccessiva delle lobby delle ONG militanti e contribuire a carestie e rivoluzioni, in particolare sulle sponde meridionali del Mare Mediterraneo, oppure, come hanno già fatto i ministri dell'agricoltura, riportare in coltura alcune aree, aumentare con urgenza la produzione di prodotti essenziali per evitare le conseguenze sociali e politiche di queste carenze. Rafforzerebbe così il suo ruolo geopolitico con gli Stati bisognosi.

Va da sé che un'effettiva solidarietà europea tra i suoi membri deve tenere conto anche della dimensione energetica. Gli Stati dipendenti devono poter fare affidamento sui loro partner per mettere in comune parte delle loro forniture o per beneficiare di un potere di contrattazione collettiva con nuovi fornitori. Sarà forse questa l'occasione per gettare le basi per una politica comune più realistica in questo settore chiave della sovranità europea?

Lo stesso vale per la difesa. Attualmente, l'Unione europea finanzia la distribuzione di armi all'Ucraina, cosa che questa non è in grado di fare internamente. Accelerare e rafforzare il finanziamento di industrie della difesa in Europa è una priorità richiesta sia dall'obiettivo dell'autonomia strategica sia dalle autorità della NATO. La politica delle sanzioni comuni ha impressionato per la sua portata. Tuttavia non può bastare né ora né in futuro. Dopo la bussola strategica adottata in primavera, il passo successivo è un vasto piano di finanziamento degli investimenti nel settore della difesa. Sarebbe meglio se esso fosse coordinato, gli annunci della Cancelleria tedesca in materia sembrano molto isolati.

 

LA GERMANIA SARÀ AL CENTRO DEI FUTURI PROBLEMI EUROPEI

Non avendo autonomia di difesa, non disponendo di una forza armata efficace, avendo fatto scelte energetiche unilaterali con poca solidarietà con i suoi partner, dipendendo dalle forniture russe, soffrendo per la chiusura dei mercati cinesi che potrebbe derivare dalla pandemia e dalle priorità politiche del partito comunista cinese, e dovendo gestire la riconversione del suo importante settore automobilistico, l'economia tedesca deve affrontare sfide formidabili.

Si evolverà verso un'integrazione europea rafforzata, come afferma, o continuerà con le sue politiche nazionali che non mancheranno di avere un impatto negativo sui suoi partner facendo loro sopportare alcuni dei suoi errori passati? Le risposte sono molto importanti per questo paese e per l'intera Unione europea.

La risposta migliore sarebbe perseguire con determinazione il completamento del mercato interno, dell'Unione bancaria e dell'Unione dei mercati di capitali. La Germania, come l'intera Unione, può trovare in questi progetti una soluzione parziale alle emergenze attuali e soluzioni durature a un'economia strutturalmente dipendente da paesi terzi.

Le soluzioni sono europee. I riflessi dei governi e dei cittadini stanno diventando sempre più europei. Gli Stati membri potrebbero trarne forza per nuove iniziative, che permettano  di cancellare le esitazioni, le lentezze, anche gli errori del passato, per volgersi risolutamente verso il futuro.

La “tempesta perfetta”, cioè violenta, quella che attraversa l'Unione europea è un'opportunità di revisione di alcune certezze, per adeguare le proprie politiche e conquistare un po' di più, attraverso l'efficienza e la reattività, il cuore dei cittadini europei.

 

Questo Rapporto Schuman sullo stato dell'Unione è stato ampiamente nutrito da contributi scritti prima dello scoppio della guerra russa in Ucraina. Ma rimane di grande attualità per le questioni a lungo termine che analizza e le proposte che contiene.

 

 

DICHIARAZIONE DEL 9 MAGGIO 1950

[Traduzione dal francese a cura di Barbara de Munari]

 

 

“La pace nel mondo non può essere salvaguardata senza sforzi creativi commisurati ai pericoli che la minacciano.

Il contributo che un'Europa organizzata e viva può dare alla civiltà è essenziale per il mantenimento di relazioni pacifiche. Difendendo un'Europa unita da più di vent'anni, la Francia ha sempre avuto l'obiettivo essenziale di servire la pace. L'Europa non è stata fatta, abbiamo avuto la guerra.

L'Europa non si farà tutta in una volta, né in una costruzione unica: sarà fatta attraverso realizzazioni concrete, creando anzitutto una solidarietà di fatto.

L'insieme delle nazioni europee esige che venga eliminata la secolare opposizione tra Francia e Germania: l'azione intrapresa deve interessare in primo luogo la Francia e la Germania.

A tal fine, il governo francese propone di intervenire immediatamente su un punto limitato ma decisivo:

Il governo francese propone di porre l'intera produzione franco-tedesca di carbone e acciaio sotto un'Alta Autorità comune, in un'organizzazione aperta alla partecipazione degli altri paesi d'Europa.

La messa in comune della produzione di carbone e acciaio assicurerà immediatamente la creazione di basi comuni per lo sviluppo economico, prima tappa della Federazione europea, e cambierà il destino di regioni da tempo dedite alla fabbricazione delle armi da guerra di cui sono state le vittime più costanti.

La solidarietà di produzione che si stabilirà dimostrerà così che qualsiasi guerra tra Francia e Germania diventa non solo impensabile, ma materialmente impossibile. L'istituzione di questa potente unità di produzione, aperta a tutti i paesi che vorranno parteciparvi, fornendo a tutti i paesi che riunisce gli elementi fondamentali della produzione industriale alle stesse condizioni, getterà le vere basi della loro unificazione.

Questa produzione sarà offerta al mondo intero, senza distinzioni né esclusioni, per contribuire all'innalzamento del tenore di vita e al progresso delle opere di pace. L'Europa potrà, con maggiori risorse, continuare a svolgere uno dei suoi compiti essenziali: lo sviluppo del continente africano.

In tal modo si realizzerà semplicemente e rapidamente la fusione d’interessi essenziale per instaurare una comunità economica, introducendo il fermento di una comunione più ampia e profonda tra paesi a lungo contrastati da sanguinose divisioni.

Mettendo in comune la produzione di base e listituzione di una nuova Alta Autorità, le cui decisioni legheranno la Francia, la Germania e i paesi che vi aderiranno, questa proposta getterà le prime basi concrete per una Federazione europea indispensabile per il mantenimento della pace.

Per raggiungere la realizzazione degli obiettivi così definiti, il governo francese è pronto ad aprire negoziati sulle seguenti basi.

Il compito assegnato all'Alta Autorità comune sarà quello di assicurare, il più rapidamente possibile: l'ammodernamento della produzione e il miglioramento della sua qualità; la fornitura a condizioni identiche di carbone e acciaio sul mercato francese e su quello tedesco, nonché su quello dei paesi membri; lo sviluppo delle esportazioni congiunte verso altri paesi; la perequazione nel miglioramento delle condizioni di vita della manodopera di queste industrie.

Per raggiungere questi obiettivi dalle condizioni molto diverse in cui si trovano attualmente le produzioni dei paesi membri, in via transitoria dovranno essere attuate alcune disposizioni, tra cui l'applicazione di un piano di produzione e di investimenti, l'istituzione di meccanismi di perequazione dei prezzi, la creazione di un fondo di riconversione per facilitare la razionalizzazione della produzione. La circolazione del carbone e dell'acciaio tra i paesi membri sarà immediatamente liberata da tutti i dazi doganali e non potrà essere influenzata da tariffe di trasporto differenziate. Gradualmente emergeranno le condizioni che assicureranno spontaneamente la distribuzione più razionale della produzione al più alto livello di produttività.

A differenza di un cartello internazionale che tende alla ripartizione e allo sfruttamento dei mercati nazionali attraverso pratiche restrittive e con il mantenimento di alti profitti, l'organizzazione progettata garantirà la fusione dei mercati e l'espansione della produzione.

I princìpi e gli impegni essenziali sopra definiti saranno oggetto di un trattato firmato tra gli Stati. Le trattative essenziali per precisare le misure attuative proseguiranno con l'assistenza di un arbitro nominato di comune accordo: quest'ultimo avrà il compito di vigilare sulla conformità degli accordi ai princìpi e, in caso di opposizione irriducibile, fisserà la soluzione che sarà adottata. L'Alta Autorità comune preposta al funzionamento dell'intero sistema sarà composta di personalità indipendenti nominate di comune accordo dai Governi; un Presidente sarà scelto di comune accordo dagli altri paesi membri. Disposizioni appropriate assicureranno i mezzi necessari per impugnare le decisioni dell'Alta Autorità. Un rappresentante delle Nazioni Unite presso questa Autorità sarà responsabile di presentare una relazione pubblica due volte l'anno all'ONU per riferire sul funzionamento del nuovo organismo, in particolare per quanto riguarda la salvaguardia dei suoi scopi pacifici.

L'istituzione dell'Alta Autorità non pregiudica in alcun modo il sistema di proprietà delle società. Nell'esercizio della sua missione, l'Alta Autorità comune terrà conto dei poteri conferiti all'Autorità internazionale della Ruhr e degli obblighi di qualsiasi natura imposti alla Germania, fintanto che essi rimarranno in vigore.

 

 

 

 

L'EUROPA SOLA DI FRONTE AL PROPRIO DESTINO

di  Jean-Dominique Giuliani

Laureato in Giurisprudenza - Laureato all'Istituto di Studi Politici, Revisore dei conti presso l'Istituto di Studi Avanzati della Difesa Nazionale - 44a sessione

Cavaliere della Legion d'Onore, Ufficiale dell'Ordine Nazionale al Merito, Gran Croce Federale al Merito della Germania, Commendatore dell'Ordine di Gediminas (Lituania), del Servizio Nazionale della Romania, della Repubblica di Ungheria e titolare di altre decorazioni.

Traduzione dal francese a cura di Barbara de Munari

Fonte: FONDAZIONE ROBERT SCHUMANN – Parigi, Bruxelles

 

L'Ucraina è sola e gli Ucraini pagheranno un prezzo molto alto per questa rinuncia.

Ma ora anche l'Europa è sola.

Per paura delle conseguenze, non ha immaginato di usare la forza a scopo dissuasivo e i suoi alleati dell'Alleanza non hanno mostrato alcun desiderio di essere coinvolti in questa nuova lacerazione del continente.

Sta quindi a lei dire se accetta di vedere le sue frontiere gradualmente erose dalla forza.

Anni di rifiuto di organizzare una difesa collettiva e autonoma rischiano di trascinarla dove non vuole tornare – un conflitto armato – e dove i suoi alleati esiterebbero a seguirla. Per il momento, convinta, forse a torto, della sua relativa debolezza, essa fa affidamento su di loro, anche se sono lontani dal teatro delle operazioni e sembrano paralizzati dall'idea di una guerra più globale, dalla cui minaccia non è riuscita a dissuadere il trasgressivo aggressore russo.

L'Europa vede dunque aumentare ogni giorno il prezzo da pagare per fermare questo atto ingiustificabile. Inoltre, aumenta la probabilità che venga trascinata in un conflitto che, un giorno, potrebbe riguardarla direttamente.

Gli Europei sarebbero allora vincolati dal Trattato dell'Unione europea (articolo 42.7) alla reciproca solidarietà, in termini molto più imperativi rispetto all'articolo 5 del Trattato Atlantico: "Nel caso in cui uno Stato membro sia oggetto di un'aggressione armata sul suo territorio, gli altri Stati membri gli devono aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro potere”.

Riuscirà questo impegno a convincerli a prendere le decisioni necessarie per opporsi a chi vuole riscrivere la già tragica storia dell'Europa?

Rispetto al passato, è però solo con la loro determinazione e la loro essenziale unità, con un massiccio riarmo e un coordinamento rafforzato, con una reazione forte e tempestiva, che essi potrebbero fermare una tragedia che, altrimenti, potrebbe chiamarne altre.

 

 

 

QUANDO GLI AUTOCRATI AFFASCINANO I DEMOCRATICI

di  Jean-Dominique Giuliani, 07 marzo 2022

Laureato in Giurisprudenza - Laureato all'Istituto di Studi Politici, Revisore dei conti presso l'Istituto di Studi Avanzati della Difesa Nazionale - 44a sessione

Cavaliere della Legion d'Onore, Ufficiale dell'Ordine Nazionale al Merito, Gran Croce Federale al Merito della Germania, Commendatore dell'Ordine di Gediminas (Lituania), del Servizio Nazionale della Romania, della Repubblica di Ungheria e titolare di altre decorazioni.

Traduzione dal francese a cura di Barbara de Munari

Fonte: FONDAZIONE ROBERT SCHUMANN – Parigi, Bruxelles

 

È sempre più sorprendente quanto gli autocrati affascinino i democratici.

Come tra le due guerre mondiali del XX secolo, un dittatore che usa menzogne ​​e violenza, nonostante il rifiuto della sua parola, trova difensori, anche promotori, all'interno di paesi di libertà.

Dopo essere stato messo in scena, pescando, cacciando, nuotando, pregando, ballando, volando, etc. per scopi di propaganda interna in seno a un Paese che ha sempre mitizzato l'immagine dello zar, Putin, sbarcato da un altro mondo, ha riportato la guerra in l'Europa e ha ricevuto il sostegno di una parte – certamente minoritaria – delle élite del continente.

Certamente stimola il sogno di alcuni di un potere forte, possibilmente maschio e dominante, seguace della forza bruta e brutale, della virilità muscolare. Quest’attrazione per l'autocrate lo rende, a torto, il protagonista del momento e l'argomento di tutte le conversazioni. Questo personaggio, tuttavia, non è uno stratega. È un opportunista di medio profilo. Come gli autocrati del secolo scorso, con un passato spesso criminale, la sua storia professionale è piuttosto segnata da fallimenti e mediocrità. I suoi rapporti con il denaro sono opachi e sospetti. Il semplicismo del suo discorso seduce le menti deboli, il suo antiamericanismo lusinga gli amareggiati dell'Occidente. Gli estremisti di tutte le convinzioni se ne compiacciono. La violenza che incarna, unita al suo passato di spia, sembra ipnotizzare gli ignoranti o commuovere alcuni cinici, che sono felici di diffondere la paura che egli desidera suscitare nell'Europa democratica.

Questo è tutt'altro che giustificato.

Sebbene la situazione sia grave, con gli Ucraini presi in ostaggio che stanno pagando un prezzo esorbitante per la loro resistenza, la verità meriterebbe più attenzione. Il suo isolamento è già una sconfitta. L'immagine del suo paese è danneggiata per lungo tempo, la sua economia ancora più a lungo. Le difficoltà del suo esercito ci ricordano che è ben lungi dall'eguagliare le forze europee. Se non possiamo ancora dire che è impantanato, è ovvio che stia affrontando un'opposizione forte e coraggiosa che gli Europei sosterranno nel tempo.

Nulla potrebbe quindi giustificare questo quasi-fascino per un personaggio di cui la cui storia condannerà sicuramente l'azione. Nel XX secolo, fu dopo l'attuazione delle loro politiche che l'obbrobrio generale cadde su dittatori che si chiamavano Stalin, Hitler, Mussolini, Mao. Nel XXI secolo ciò avviene non appena essi compaiono.

 

LA TANICA O LA LIBERTÀ

di  Jean-Dominique Giuliani

Laureato in Giurisprudenza - Laureato all'Istituto di Studi Politici, Revisore dei conti presso l'Istituto di Studi Avanzati della Difesa Nazionale - 44a sessione

Cavaliere della Legion d'Onore, Ufficiale dell'Ordine Nazionale al Merito, Gran Croce Federale al Merito della Germania, Commendatore dell'Ordine di Gediminas (Lituania), del Servizio Nazionale della Romania, della Repubblica di Ungheria e titolare di altre decorazioni.

Traduzione dal francese a cura di Barbara de Munari

Fonte: FONDAZIONE ROBERT SCHUMANN – Parigi, Bruxelles

 

Come fermare la guerra? Abbandonando l'Ucraina, ancor prima che fosse attaccata, la NATO e i suoi alleati hanno rinunciato a cercare di dissuadere Putin dall'attaccare il suo vicino. Poche truppe, anche in esercitazione, avrebbero potuto essere sufficienti...

Per le democrazie, la domanda è sempre la stessa: come contrastare i dittatori, le loro spudorate bugie, la loro paranoica ubriachezza e il loro cinismo? Ci servono sempre lo stesso cocktail che gioca sulla paura della guerra, l'ingenuità, l'innocenza, cioè l'onestà e la buona fede delle democrazie di fronte agli autocrati. Questo spesso porta al peggio, alla guerra, alla miseria, persino al genocidio e sempre alla sofferenza delle popolazioni.

Come fermarli quando minacciano l'ordine internazionale e fino a quando accetteremo di vedere i bambini ucraini soccombere sotto le bombe, le città d'Europa che crollano sotto gli obici e i diritti più elementari di un paese continentale violati?

È vero che gli Europei si sono mobilitati rapidamente e con forza. Quasi un migliaio di persone o di entità ora cadono sotto le loro sanzioni, le più severe mai assunte sino ad oggi. Ma solo la forza, la sconfitta o il timore di subirla possono far retrocedere Putin. In caso contrario, il ristabilimento di un vero equilibrio di potere può obbligarlo ad accettare vere trattative e porre fine ai combattimenti. Ma gli Europei esitano. Non sono ancora arrivati ​​a immaginare misure più forti perché esse danneggerebbero il modo di vivere dei loro cittadini.

Poiché ci rifiutiamo di utilizzare mezzi militari, la cosa più efficace sarebbe fermare qualsiasi acquisto di energia dalla Russia, il cui bilancio e le cui armi sono finanziati dalle entrate del gas e del petrolio. Gli obici che uccidono gli Ucraini vengono pagati con i proventi delle importazioni europee di petrolio e gas.

In questo caso, il prezzo della nostra libertà è il prezzo delle privazioni. E finché gli Europei non avranno il coraggio di arrivare al punto di privarsi di queste risorse, le loro grandiose dichiarazioni di sostegno all'Ucraina sono un po' sospette, comunque non abbastanza efficaci di fronte alla brutalità degli eserciti russi.

Si può capire la cautela delle autorità tedesche, italiane, ungheresi o bulgare, che le cattive scelte mercantiliste o politiche hanno reso quasi interamente dipendenti dai loro acquisti energetici in Russia. Ma qui potrebbe trovare espressione la solidarietà europea. Il rafforzamento del mercato e del commercio interno potrebbe rimediare a queste mancanze e potrebbe solo anticipare il calo del commercio internazionale in arrivo.

Allo stesso modo, è probabile che l'Unione europea si trovi di fronte alla necessità di rivedere con urgenza molte delle sue politiche, a cominciare dai suoi rapporti commerciali con terzi, e la sua politica agricola non potrà chiudere gli occhi di fronte alla prossima crisi alimentare o ai numerosi vincoli che si è imposta per essere esemplare, ad esempio, in materia di ambiente.

E, questa volta, saranno piuttosto i paesi del nord e del centro Europa ad aver bisogno della solidarietà degli altri! Un'altra buona occasione per dimostrare la solidarietà europea.