RASSEGNA STAMPA a cura di REDAZIONE – ETICA A.c.

Di Dario D’Angelo, X, 26 luglio 2025

 

 

Svolta a Gaza: Israele e i 3 "metodi alternativi" per liberare gli ostaggi.

Conoscete il paradosso del gatto di Schrödinger?

 

Nella calura estiva, nell'assuefazione a un meccanismo andato in scena ormai decine di volte - quello per cui un accordo di cessate il fuoco e rilascio degli ostaggi viene descritto come "mai così vicino", salvo naufragare a poche metri dal traguardo - la svolta delle ultime ore rischia di passare inosservata. Eppure tra ieri e oggi occorre registrare un cambio di passo notevole nell'approccio di Israele e, non meno importante, degli Stati Uniti alla questione "guerra a Gaza".

A conclamare l'esistenza di un "fatto nuovo" è stato per primo Steve Witkoff, inviato speciale della Casa Bianca. L'uomo di Donald Trump per i negoziati in giro per il mondo (anche più del Segretario di Stato, Marco Rubio), è uscito allo scoperto con una dichiarazione senza precedenti dal punto di vista americano.

Quale? Eccola di seguito: «Abbiamo deciso di richiamare il nostro team da Doha per consultazioni, dopo l’ultima risposta di Hamas, che dimostra chiaramente una mancanza di volontà di raggiungere un cessate il fuoco a Gaza. Nonostante gli sforzi significativi dei mediatori, Hamas non sembra agire in modo coordinato né in buona fede. Ora valuteremo opzioni alternative per riportare a casa gli ostaggi e cercare di creare un ambiente più stabile per la popolazione di Gaza. È un peccato che Hamas abbia agito in modo così egoista. Rimaniamo determinati a porre fine a questo conflitto e a raggiungere una pace duratura a Gaza».

Adesso, prima di entrare nel merito della svolta, è importante notare un fatto: nella giornata di ieri, quando la risposta (negativa) di Hamas alla proposta di cessate il fuoco era già arrivata a destinazione, funzionari israeliani avevano sì confermato la decisione di richiamare il team negoziale precedentemente inviato a Doha, ma prendendosi la briga di precisare che il rientro in patria della delegazione non significava un fallimento dei negoziati.

Si trattava di una mossa tattica attentamente studiata dal governo israeliano: temendo la reazione dell'opinione pubblica, stanca della guerra e desiderosa di riportare a casa gli ostaggi, Gerusalemme non voleva far passare il messaggio che i negoziati fossero arrivati a un punto morto.

Ma poi è arrivato Steve Witkoff.

L'inviato della Casa Bianca ha sparigliato, dicendo semplicemente la verità, a costo di far saltare la narrazione israeliana: gli Stati Uniti credono che non vi sia un interlocutore con cui negoziare.

Secondo quanto riportato da Canale 12, di certo non una fonte di informazione famosa per essere tenera nei confronti di Bibi Netanyahu, Hamas ha insistito su questo punto: al giorno 61 del cessate il fuoco di 60 giorni, Israele dovrà deporre le armi e non riprendere la guerra. Con o senza accordo su come porre fine alla guerra.

Per comprendere questa mossa, Canale 12 cita fra le altre cose la dichiarazione congiunta firmata qualche giorno fa da 28 Paesi, quella in cui si affermava che la guerra a Gaza "deve finire ora".

La conclusione è la seguente: «Non dovrebbe sorprendere nessuno che la pressione esercitata da quei Paesi su Israele affinché continui a fare concessioni abbia avuto l'unico effetto di irrigidire ulteriormente la posizione di Hamas».

L'esempio portato è quello del famoso esperimento mentale di Schrödinger: un gatto è chiuso in una scatola con un meccanismo che può ucciderlo, ma finché nessuno apre la scatola, il gatto è simultaneamente vivo e morto. È in uno stato di sovrapposizione: le due possibilità coesistono fino a quando l'osservazione non le risolve.

Applicato al negoziato, il paradosso si traduce nel fatto che un accordo per il rilascio degli ostaggi è "quasi fatto" e allo stesso tempo non lo è affatto, proprio come il gatto è vivo e morto contemporaneamente.

Questo genera un'illusione di vicinanza a un accordo che in realtà non esiste.

Se Hamas crede ai resoconti ottimistici, pensa che l'accordo sia vicino e può quindi tirare ancora la corda, fare nuove richieste, ritardare.

Se Hamas legge i media israeliani e occidentali, capisce che la pressione dell'opinione pubblica è su Israele, non su di loro. Quindi può permettersi di resistere ancora, contando sul fatto che sarà Israele a cedere.

Questa ambiguità strategica, alimentata da dichiarazioni premature, media spesso compiacenti e pressioni diplomatiche inefficaci, toglie a Israele qualsiasi leva reale e consente a Hamas di rimanere in una posizione di attesa attiva, come se il "gatto-accordo" fosse ancora "vivo", quando in realtà è probabilmente morto.

Ma allora, per tornare alla svolta di cui sopra, cosa vogliono dire le parole di Witkoff?

Il caso vuole che a un giorno di distanza, queste dichiarazioni siano state riprese alla lettera anche da Bibi Netanyahu. Il primo ministro israeliano ha chiarito: «Valuteremo metodi alternativi per riportare a casa gli ostaggi».

Domanda: quali possono essere questi metodi alternativi? Qui si entra nel vivo. La sensazione è che i prossimi giorni possano essere decisivi.

Al momento sono tre le opzioni che il Blog ritiene abbiano una maggiore probabilità di essere attivate da Israele. Tutte, in modi diversi, rappresenterebbero un'escalation e una rottura rispetto agli approcci perseguiti fino a oggi.

La prima ha a che fare con una delle notizie più importanti degli ultimi giorni, quella che ha visto l'esercito israeliano avviare operazioni terresti nell'area di Deir al-Balah per la prima volta dall'inizio della guerra. Si tratta di una notizia passata forse in secondo piano in Italia, ma che ha suscitato non poca apprensione anche nelle famiglie degli ostaggi. Perché? Perché è l'area in cui si ritiene che Hamas e le altre organizzazioni terroristiche della Striscia tengano imprigionati gli ostaggi.

L'idea è che il governo israeliano, preso atto dell'indisponibilità di Hamas a chiudere un accordo, possa decidere di lasciare da parte la prudenza, autorizzando delle rischiose operazioni di salvataggio con le sue forze speciali. Si tratterebbe di un azzardo? Sicuramente sì, ma i sempre più frequenti incidenti operativi che vedono come vittime i soldati israeliani sono indice di un grado di stanchezza elevato, in particolare tra i riservisti, che Israele non può permettersi di ignorare sul lungo termine. Traduzione: in un senso o nell'altro Israele potrebbe ritenere necessario chiudere i conti.