ETZ HAIM - IL NATALE DEL RABBINO [2019]

di Rav Haïm Fabrizio Cipriani

 

Anche quest'anno il vostro rabbino si unisce alla gioia di tutti coloro che festeggiano il Natale. Continuo a pensare che le posizioni chiuse siano sempre e solo un segno di debolezza, e che sia possibile, e opportuno, condividere il più possibile.

Ma la condivisione è un’arte sottile, che va esercitata con sapienza.

Fra le belle esperienze di quest’ultimo periodo, ho avuto il piacere di partecipare come violinista ad alcuni concerti natalizi e questo mi ha dato molta gioia. Prima, nella gradevole cornice delle isole Canarie, ho preso parte a un’esecuzione partecipativa del Messia di G.F. Haendel. Le esecuzioni partecipative sono progetti molto belli, presenti in alcuni paesi europei (ma purtroppo non in Italia, per quanto io ne sappia) in cui un grande numero di coristi amatoriali selezionati su audizione viene preparato da alcuni maestri in diversi luoghi del paese per poi ritrovarsi in un grande concerto che però amatoriale non è, perché la corale partecipativa va ad accompagnarsi a un coro e un'orchestra da camera di specialisti di alto livello nell’interpretazione del grande oratorio haendeliano, Il Messia. Non è la prima volta che partecipo a questo tipo di iniziative, che hanno un valore umano, sociale e spirituale molto elevato. Peraltro, l’anno scorso a Madrid la produzione cadeva durante Hanuccà, una coppia israeliana presente nella corale mi avvicinò e le serate trascorsero all’insegna di untuose Sufganioth (frittelle tipiche di Hanuccà) e di accensioni di Hanuccà introduttive all’esecuzione haendeliana!

Successivamente ho avuto modo di partecipare a uno dei diversi concerti natalizi che si tengono in Italia, e anche in quel caso di condividere un momento di sincera e schietta spiritualità.

In un registro analogo, il 28 dicembre la mia comunità Etz Haim, per un ebraismo senza mura, organizza insieme agli amici Valdesi un’accensione di Hanuccà aperta a tutti (come tutte le iniziative che organizzo o alle quali contribuisco). Perché come sappiamo, è difficile non accorgersi dell’appropinquarsi del Natale, ma le feste ebraiche si avvicinano generalmente più in punta di piedi e per chi si trova al di fuori di certi ambienti non è facile viverle anche solo un pochino.

Questo però mi porta ad alcune riflessioni.

Ogni situazione che crei i presupposti per una spiritualità condivisa deve essere, a mio avviso, sempre benvenuta. Come già detto, ritengo appunto che non voler condividere sia un segno di debolezza. Per questo io partecipo a questo tipo di iniziative non solo in quanto essere umano, ma anche come ebreo e soprattutto come rabbino, perché ciò corrisponde alle mie convinzioni più profonde.

Attenzione però, perché la condivisione voluta e scelta non è da confondere con l’imposizione. Penso, per esempio, alla presenza di simboli religiosamente definiti all'interno degli spazi pubblici, che dovrebbero invece essere ispirati a una neutralità, per rispetto di tutti. In tal senso trovo poco appropriata la presenza, ancora molto diffusa in diverse classi scolastiche italiane, di avere presepi in aula, oltre agli onnipresenti crocefissi. Diversamente da quanto avviene per un concerto natalizio, o per un’accensione di Hanuccà, gli studenti non hanno facoltà di scegliere se recarsi o meno a scuola, e non dovrebbero essere obbligati a svolgere le loro attività quotidiane a strettissimo contatto con una simbologia religiosa che non appartiene a tutti loro e che in alcuni casi è suscettibile di metterli a disagio.

Scelgo volontariamente di accostare al mio atteggiamento generale questa riflessione, che può apparire un poco “severa”, per ricordare un messaggio che mi è caro: la volontà e il piacere di condividere certi momenti non necessariamente si sposa con un’accettazione acritica di determinate situazioni. Ritengo sia fondamentale saper distinguere la possibilità della condivisione, che deve essere sempre presente, da un atteggiamento di imposizione della condivisione che, anche qualora nasca da una volontà sincera e pura, può trasformarsi in una mancanza di rispetto. Questo vale anche nella sfera individuale, laddove si desideri condividere la passione per il calcio, la musica, o un certo tipo di cucina.

Il pensiero ebraico si costruisce a partire da un’idea di distinzione, perché ritiene che le differenze non debbano essere tollerate, ma amate e celebrate. Affinché questo sia possibile, è necessario saperle riconoscere, e rispettarle appieno, senza confusioni sincretistiche. Solo in questo modo, e in assenza di ogni tipo di coercizione esplicita o implicita, è possibile condividere davvero la gioia e la fratellanza.

Forse la scuola potrebbe impegnarsi di più per far conoscere la diversità (non solo religiosa, ma a tutti i livelli), piuttosto che celebrare un solo modo di essere, usando un linguaggio semplificato che finisce per falsare le cose. Questo formerebbe dei cittadini più coscienti, e più critici nei confronti di atteggiamenti come quello, impregnato del più classico antigiudaismo, usato ieri da una nota ma ignorante scrittrice sulle pagine di uno dei maggiori quotidiani italiani. Perché la scuola non deve celebrare l'uniformità, ma formare alla complessità.

Ciò detto, se il cammino da fare è ancora lungo, molti passi sono stati compiuti, altrimenti io non starei scrivendo queste parole, e voi non le leggereste. Quindi siamo vicini, e questo è prezioso. Ma ripeto, la condivisione è un’arte, e come ogni arte va esercitata con saggezza e discernimento.

A tutti gli amici cristiani auguro un sereno e gioioso Natale, a tutti gli amici ebrei Hanuccà Saméach, a tutti coloro che in questo periodo non festeggiano nulla di particolare, auguro di saper celebrare il loro quotidiano con la stessa gioia.

Un augurio di Luce, Calore e Serenità per tutti noi e per ognuno di noi.

Rabbino Haïm Fabrizio Cipriani