Capita, a chi si avventura nell’arte del racconto, di incappare in situazioni, o personaggi, o circostanze autocelebrative dove (si direbbe in scorretto ed antipatico italiano “moderno”) la temerarietà e la sfrontatezza sono originate soltanto dalla narcisistica considerazione del proprio io, sicché la bellezza delle proprie sembianze sottende al diritto di dire baggianate (più propriamente quelle con la “P” maiuscola). Mal gliene incorre – ad esempio, al malcapitato critico – a chi si avventura con sfrontatezza a esprimere giudizi avventati solo per “spiegare” al colto e all’inclita quanto è bello lui e quanto bravo e sapiente.

 

La temerarietà, narcisistica appunto, lo porta ad ignorare le responsabilità che si assume nel criticare a suo vantaggio l’operato altrui: ad esempio, il rischio di una denuncia per … maldicenza? Uhm, depenalizzata, forse per diffamazione, dura da digerire. Forse solo e certamente un appunto, per la sua classica figura di m…a!

E, già. È proprio per il suo narcisismo (è bello solo lui, o lei)– ad esempio, del critico improvvisato e imprudente, che si specchia nella sua bellezza e scienza (e noi scrittori incrociamo spesso personaggi di tal genere) che sproloquia senza ritegno e si espone al pubblico ludibrio. Ma tant’è.

Mi è capitato - a proposito – di recente, di scrivere qualcosa, ovviamente in italiano – con intercalari dialettali – come si conviene a chi intende arricchire, adornare il racconto con le immediatezze che il dialetto favorisce.

È così in un mio libro, “Palla di Pezza”, dove (dove, sempre in scorretto italiano moderno) qualche dialogo, specie l’ultimo tra il protagonista e la madre morente, l’uso del dialetto s’imponeva. Non altrimenti avrei potuto esprimere il pathos che si stava “sviluppando” tra i due, e nessun “critico pseudolinguista” avrebbe potuto eccepire la perfezione delle espressioni dialettali: prevaleva, ovviamente, la descrizione dell’evento. Perfetto: il lettore avveduto, e non narcisista, leggeva e si asciugava le lacrime.

Ma il narcisismo degli improvvisati critici, belli e sapienti, si sa, oh i critici specialmente belli di sembianze e sapienti … !!!

Così nell’ultimo mio libro, “La Cripta violata”, il sentimento trionfale nella esaltazione della sua bellezza, di sembianze, ed elevatezza di scienza di un gratuito saccente dell’ultima ora, ha turbato il suo animo e originato il suo risentimento per una presunta violazione del lessico dialettale.

Ognuno si presenta come può!!!

 

Avv. Bruno Auricchio, Venezia, 10 marzo 2021