SCRIVI DI NOI di Cristiano Longoni

Recensione © Barbara de Munari

13 marzo 2022

 

Un racconto iniziatico di Amore, sull’Amore, e di formazione, nelle sue infinite forme, variabili e sfaccettature.

In spazi fatti di memoria, attenzione, sensazioni e complessità.

Eretico, dissacrante, innamorato, tenero, liquido, affaticato e sognante, brutale e raffinato.

Un libro sulla necessità dell’Incontro con l’Altro da sé come unica possibilità di spinta al cambiamento e all’evoluzione personale.
E anche perché, scrive Cristiano Longoni, “ci sono momenti in cui l’unica azione sensata è fermarsi, guardare e non negare ciò che stai vivendo:

Accomodati.
Lascia solo che sia.
Il Sé parla tutte le lingue del mondo, ma ascolta solo la tua.
E non c’è proprio bisogno di fare nulla.
L’essenziale non è costruire, è togliere 
e per togliere è solo necessario che tu sia.  Null’altro!”.

 

In un bagno, sullo specchio appannato dall’acqua calda, si formano, davanti agli occhi del protagonista – Alqun – sei nomi di donna, come se il dito di un genio provocatorio e invisibile stesse tracciando altrettante Architetture d’Amore: e così appare Viola (il corpo terreno), e Isabella (l’inconscio), e Tecla (il desiderio), e poi Rebecca (la ragione), Ilenia (l’amore collettivo), Ophelia (la volontà collettiva), e infine Susanna e/o Lidras (il Sé individuale).

Così come C.G. Jung individua le forme primarie delle esperienze vissute dall'umanità nello sviluppo della coscienza in dodici figure: l’Innocente, l’Orfano, il Guerriero, l’Angelo custode, l’Amante, il Cercatore, il Distruttore, il Creatore, il Sovrano, il Mago, il Saggio, il Folle.

 

Ma, prima di tutto, o dopo il tutto, Francesca, la Madre, sua madre, il grande mare da cui il protagonista deve emergere. Il mare in cui le sei personalità femminili confluiscono e dal quale, anch’esse, a loro volta, sono emerse.

Sono junghiano, dice Cristiano Longoni, ognuno ha le sue sfighe.

E ho sempre scritto spinto da ciò che è definito il Daimon, la “creatura divina”, presente in ognuno di noi e che spinge per portare a compimento ciò che la nostra anima si è scelta prima di nascere.

Lo sguardo che Alqun rivolge allo specchio appannato, come in un sogno, è quello che è in grado, insieme a un atto di Volontà, di permettergli di trasformarsi, di divenire altro da sé, di modificare i propri eterni equilibri statici. E alla Fine ci sarà la conferma – come in un sogno, di avere tutto compreso.

Il libro reca, in apertura, una citazione di Jung: “… Perciò chi vuol conoscere la psiche umana… sarebbe consigliabile per lui… dire addio allo scrittoio e, armato di tutta la sua limitata umanità, vagabondare per il mondo, a vedere con i propri occhi gli orrori… e sperimenterebbe sulla propria pelle l’amore e l’odio, la passione in tutte le sue forme… e sarà un vero conoscitore dell’anima…”.

Alqun sperimenta come essere se stessi sia un percorso di evoluzione, prima di tutto interiore, che non ha forma o regole ed è unico per ciascuno di noi. Essere se stessi non si realizza misurandosi sugli altri o reagendo al loro modo di porsi rispetto a noi, ma piuttosto con il conoscere, accettare e seguire la propria natura, trovando ed emettendo il proprio segnale unico, agganciando la sintonia interna con noi stessi, con ciò che vogliamo e, soprattutto, con ciò di cui abbiamo bisogno, arrivando a esprimerci nel modo in cui il nostro cuore si sente comodo e sereno, e la nostra mente quieta.

 

Scrive Cristiano Longoni: “… per tutto questo c’è un’unica soluzione: la capacità di sostare con l’altro (e con se stessi – aggiungerei io) nell’incertezza e nel caos e, con il suo tempo, immaginare le tappe verso la fine del cammino”.

 

L’esperienza di Alqun è la storia di un peregrinare d’Amore e di Desiderio, che si lega e lo lega al passato, ma anche a un progetto di un futuro coerente con se stesso, alla possibilità di collegarsi o dissociarsi dal mondo in modo sano e

all’opposizione cosciente-inconscia all’individualità-collettività, non negando ma accettando e integrando gli opposti, senza identificarsi del tutto con essi e differenziandoli dal Sé.

E così, lungo il suo cammino, Alqun incontrerà e vivrà i suoi Archetipi d’Amore, integrando in primo luogo i suoi aspetti consci e inconsci e gradualmente integrando gli opposti (persona e ombra, cosciente e inconscio) fino a raggiungere se stesso.

 

Con Viola incontra il corpo terreno e inizia a essere consapevole dell’esistenza di impulsi e desideri e contenuti psichici inespressi o non direttamente osservabili. Si rende conto che esiste una gran parte di se stesso che è stata ignorata (da lui stesso) e cercherà di avvicinarsi alla sua comprensione, perché è arrivato un momento in cui il suo sviluppo gli ha fatto vedere quel bisogno.

 

Con Isabella incontra l’inconscio, l’ombra. Nasce la consapevolezza che esiste qualcosa di più nel Sé, e che non c’è solo una parte cosciente ma anche un inconscio – con i suoi desideri e impulsi inconsci, che hanno comunque un grande valore e che non devono essere negati ma integrati, accettando l’ombra come parte integrante della nostra natura.

 

Con Tecla e Rebecca incontra il desiderio e l’animus/anima, in relazione agli archetipi sessuali che fanno comunque parte della sua personalità e della comunità in cui vive – e inizia ad integrare la polarità maschile / femminile. Questo processo comporterà l’integrazione dell’archetipo identificato dal suo sesso con la parte tradizionalmente identificata con il sesso opposto. Alqun deve integrare l’anima o archetipo femminile (che corrisponde a elementi come sensibilità, affetto ed espressione emotiva) – così come la donna lo fa con l’archetipo maschile animus (correlato a vigore e vitalità, forza, ragione e saggezza).

 

Con Ilenia e Ophelia si presentano l’amore collettivo e la volontà collettiva che iniziano a illuminare le aree oscure e sconosciute della psiche, allargando la consapevolezza e comunque restituendo anche umiltà. La saggezza acquisita dà significato alla scoperta dell’ignoto, per raggiungere il culmine con la coincidenza o integrazione degli opposti. I vari elementi che compongono la mente di Alqun si sono integrati (conscio e inconscio, individuo e collettivo, persona e ombra) e l’integrazione dei diversi aspetti della personalità darà loro funzionalità e valore, anche a quelli repressi e negati per tutta la vita.

 

Alqun può rendere il suo progetto di vita coerente con se stesso e vivere la sua vita come individuo libero – in grado di distinguersi e di separarsi dal mondo.

Ma la vera cura, in termini di “guarigione” la si ottiene solo con l’Amore. L’amore, però, non è solo una sensazione o un sentimento, ma una disposizione, e presuppone tutta la persona nella sua interezza – con tutto il cuore e con tutta l’anima e con ogni forza e ogni pensiero, perché ogni processo di trasformazione necessita del confronto, della relazione.

Essere un individuo è essere un anello in una catena, sempre; non si tratta di una situazione totalmente separata, chiusa in se stessa, priva di legami con l’esterno.

E ti rendi conto di quanto tu sia legato agli altri esseri umani, di quanto poco tu possa esistere senza avere rapporti, senza responsabilità e doveri, e senza che altre persone siano in relazione con te.

E Alqun capisce di essere un anello in una catena e non un elettrone sospeso da qualche parte nello spazio o fluttuante nel cosmo senza uno scopo. È parte di una struttura atomica, e questa struttura atomica è parte di una molecola che, con le altre, costituisce un corpo.

Scrive Jung: “Sia nella mia esperienza di medico sia nella vita, mi sono trovato di fronte al mistero dell’amore e non sono mai stato capace di spiegare cosa esso sia”.

Qui si trovano il massimo e il minimo. Il più remoto e il più vicino. Il più alto e il più basso. E non si può mai parlare di uno senza considerare anche l’altro. E non c’è nulla da aggiungere. Perché noi siamo, nel senso più profondo, le vittime o i mezzi e gli strumenti dell’amore cosmico.

L’amore non viene mai meno, sia che parli con la lingua degli angeli sia che tracci la vita della cellula con esattezza scientifica, risalendo fino al suo ultimo fondamento.

 

Infine, al termine di questo processo alchemico, se possedesse un granello di saggezza, l’uomo chiamerebbe l’ignoto con il nome più ignoto, cioè con il nome di Dio.

Sarebbe una confessione di imperfezione, di dipendenza, di sottomissione, ma, al tempo stesso, una testimonianza della sua libertà di scelta.

E Cristiano Longoni, ironico, malinconico e sognante, scrive:

 

Passa la vita davanti ai fianchi
Passa e s’irride di rossi o di bianchi
Passa e si scorda dei nostri giorni
Passa e t’attende sinché non ritorni.

E il suo amico Jung chiosa:

… “In verità, sopravvive chi ama.

Perché mai non ce ne siamo accorti?

Ho visto dunque che sopravvive chi ama

e che è proprio lui a offrire,

senza sospettarlo, ospitalità agli dei”.  (C.G.Jung, Libro Rosso).