Con l’accompagnamento del musicista e compositore Marco De Simone, su repertorio di musica barocca con chitarra classica, il matematico di origine ebraica Michele Mele (Università degli Studi del Sannio) racconta la storia del matematico Nicolas Saunderson, primo scienziato non vedente della storia.

"Devo ammettere di invidiare gli scienziati, essi soli conoscono il linguaggio del vero e, mentre conversano con Dio, l'universo scorre tra le loro dita" (Sir William Sterndale Bennet).

Michele Mele, matematico e ricercatore universitario, autore del libro, “L’universo tra le dita”. Storie di scienziati ipovedenti o non vedenti, per le edizioni Efesto di Roma.

Introducendo l’argomento ai ragazzi, Mele ha raccontato della sua malattia che l’ha reso gravemente ipovedente, ma che non gli ha impedito di raggiungere importanti successi: “Prima di essere ipovedente sono tante altre cose, matematico, appassionato di calcio, suono il pianoforte” ha esordito salutando gli alunni presenti in aula polivalente e quelli collegati dalle altre aule.

La vita di Michele Mele è segnata dal problema agli occhi, che si è presentato all’improvviso spegnendo in lui la vista, ma non la gioia di vivere che dopo la maturità, l’ha portato a conseguire la laurea in matematica all’Università di Salerno e il Dottorato alla Federico II di Napoli, prima di occuparsi di ricerca all’Università del Sannio.

Fiducia, contesto, e inclusione: questi i tre concetti sui quali l’autore ha posto l’attenzione degli studenti, prima di rispondere alle loro domande, con un invito a non scoraggiarsi davanti alle difficoltà. Descrivendo la sua esperienza da studente, a scuola e all’università ha poi raccontato di situazioni positive e di contesti inclusivi, ma anche di pregiudizi e di problemi.

Rispetto al suo percorso universitario e alla sua attività di ricerca, Mele collegato dalla sua abitazione, rivolgendosi ai giovani cremaschi ha detto che può essere legittimo avere il dubbio: “Come fa una persona ipovedente a fare tutto questo? Ci si può chiedere, ma se il dubbio può essere legittimo, anche se risultato del pregiudizio – ha proseguito Mele – la certezza di chi pensa che non si possa riuscire a farcela, diventa discriminatoria. Solo il supporto della famiglia ha consentito di superare gli ostacoli”.

Parlando del suo ambito di studio, la matematica e le discipline scientifiche, stimolato dalle domande degli studenti, l’autore ha descritto le difficoltà ancora oggi presenti, poiché non c’è un sistema completo per consentire la scrittura in forma matematica per i non vedenti: “Scrivo in codice che poi interpreto in forma matematica”, ha concluso.

Anche per questo, ci sono poche persone cieche o ipovedenti che sono impegnate nelle discipline scientifiche, contrariamente a quanto accade in altri ambiti: “Ci sono musicisti, artisti, avvocati, ma gli scienziati sono visti come un’eccezione – ha aggiunto Mele – ci sono dei pregiudizi che allontanano gli ipovedenti dalle discipline scientifiche”. Ed ecco perché nel suo libro ha deciso di raccontare le storie di dieci personaggi del mondo scientifico, che come lui condividono malattie legate alla perdita della vista: dal matematico di fine seicento Nicholas Saunderson, all’ingegnere John Metcalf, al medico Jacob Bolotin, fino ai giorni nostri, con i chimici Mona Minkara e Henry Wedler.

 

 

Il paesaggio massonico negli Stati Uniti d’America

 

Discorso tenuto presso la Giurisdizione di York, La Marque

Alain de KEGHEL, 33° già TPSGC del S.C. RSAA-GODF

Parigi, 19 febbraio 2022

 

[Traduzione a cura di Barbara de Munari]

 

   Il Rito di York e de La Marque del GODF, il principale dei riti tradizionali praticati negli Stati Uniti nelle logge simboliche, ma anche un attore importante negli alti gradi, mi fa l'onore di invitarmi alla sua Giurisdizione al GODF e per il suo 20° anniversario, per esporvi oggi la mia visione del paesaggio massonico americano, tanto fantasticato. Vi ringrazio per questa attenzione fraterna e segno di fiducia amichevole nei confronti di un Fratello della nostra Obbedienza che ha avuto il privilegio abbastanza raro di praticare attività massoniche per sette anni negli Stati Uniti e di sviluppare lì reti di contatti e di scambi che durano ancora. Si tratta quindi di una restituzione di esperienze sul campo che vengo a condividere con voi in tutta modestia e senza alcuna pretesa di esaustività. Ho già scelto questo modo di condivisione quando mi sono impegnato qualche anno fa a scrivere un libro dedicato alla Massoneria in Nord America, il cui obiettivo era tentare di costruire ponti, senza negare nulla di ciò che siamo nel GODF.

   Naturalmente non fu un caso che io avessi scelto come titolo di questo libro un riferimento al famoso Défi américain di Jean-Jacques Servan-Schreiber. Né è solo perché le nostre strade si sono incrociate all'inizio degli anni '90. Si era instaurata un'amicizia con JJSS e la mia scelta costituiva un omaggio alla visione di colui che fu uno dei primi a impegnarsi in un'indagine completa, partendo dall'osservazione degli Stati Uniti, per assemblare gli elementi del complesso puzzle dell'Impero Americano,  per chiarire le incomprensioni.

   Scriveva Jean-Jacques Servan-Schreiber: “Non siamo alla presenza di un imperialismo politico classico, di un desiderio di conquista, ma, più meccanicamente, di un traboccamento di potere dovuto alla differenza di ‘pressione’ tra l’America settentrionale e il resto del mondo, Europa compresa. Questa superpotenza dell'America si fa sentire, ... il suo carattere più nuovo è l'accelerazione...".

   La nostra discussione qui è limitata all'Ordine massonico nella sua dimensione americana. Ma il mio libro mirava naturalmente a una presa di coscienza su ciò che stava arrivando e si stava preparando e di fronte al quale la Massoneria francese ed europea non dovrebbero rimanere spettatori indifferenti.

   E in effetti, la Massoneria in Nord America ha ancora un peso considerevole. È differente per molti aspetti dalle Gran Logge dell'Europa continentale, ma non meno dalle Obbedienze del Regno Unito. Questo spazio è in sostanza del tutto sconosciuto, ad eccezione di un numero limitato di Massoni francesi che lo frequentano. Alain Bauer ed io abbiamo avuto questa particolarità e questa complicità pragmatica proprio vent'anni fa, prendendo insieme strade secondarie. Quindi, oggi, ho un po' la sensazione della ricomposizione di un legame disciolto. Era un'epoca in cui, a prescindere da ogni altra considerazione, le forze vitali univano i loro sforzi con l'unica preoccupazione dell'efficacia. Anche la creazione della Giurisdizione di York faceva parte di questa dinamica innovativa.

   È con un approccio che si affranca il più possibile dai luoghi comuni che mi propongo di sorvolare qui, nel breve tempo a noi concesso, la complessità del composito edificio massonico degli Stati Uniti, che poggia su una base essenzialmente di York. Eccoci arrivati dunque al cuore del nostro tema di oggi: le Gran Logge regolano un certo numero di disposizioni che si applicano ai loro perimetri giurisdizionali e quindi alle Officine dei gradi simbolici. I gradi successivi alla Maestranza e in particolare i due grandi Supremi Consigli del Rito Scozzese Antico e Accettato fanno lo stesso. Queste due sfere distinte e complementari mostrano delle singolarità. Le parentele anglosassoni non escludono le specificità americane, a cominciare dal posto occupato dai side degrees, mentre non è così in Gran Bretagna. L'Ordine massonico americano, complesso per natura, è talvolta difficile da definire per chi si muove nel nostro ambiente gallico.

   Ovviamente, i Massoni americani rivendicano, come noi e a ragione, le tradizionali radici "andersoniane" che condividono con i loro fratelli separati del Vecchio Continente. La Massoneria francese, come quella di Londra, appare come un filo di Arianna. Non c'è dunque nulla di male nell'ammettere la composita filiazione storica che li lega a essa, sapendo astrarsi dalla dottrina, talvolta con pragmatismo, come avviene in California.

   Il declino della Massoneria americana, oggetto di fiumi d'inchiostro che rendono un po' troppo facile il nostro compiacimento, anche se corrisponde a una certa realtà, merita un'analisi realistica per misurarne la reale ampiezza, senza il pathos della decadenza, né il panegirico della rinascita. Quando si parte da più di 4 milioni di Massoni nel 1957, un effettivo oggi inferiore a 1,5 milioni non è del tutto trascurabile e riflette chiaramente una tendenza. Non di meno, non è ancora un corpo sull'orlo dell'abisso.

   Una rapida rassegna storica ci ricorda che ci vorranno più di cento anni, dopo l'arrivo del Mayflower in terra americana, prima che compaiano tracce di documentata attività massonica. Spesso molto distanti tra loro, le logge ebbero presto bisogno di una coesione obbedienziale posta sotto l'autorità di un Gran Maestro provinciale, nominato dal Gran Maestro della Gran Loggia d'Inghilterra, Henry Price. I primi documenti che ne fanno fede risalgono al 30 luglio 1733. Un anno dopo, Benjamin Franklin cura la prima versione americana delle Costitutions di Anderson, la prima opera massonica pubblicata negli Stati Uniti. Lui stesso avrebbe poi assunto le responsabilità di Gran Maestro Provinciale della Pennsylvania... prima di divenire Maestro Venerabile della celebre Loge des Neuf Sœurs a Parigi. Si tratta delle prime indicazioni di complicità massonica transatlantica che ci interessano direttamente.

   Fin dai primi mesi dopo la sua nomina, Franklin informa il Gran Maestro a Londra del desiderio dei Massoni della sua Giurisdizione di eleggere un Gran Maestro Provinciale e i suoi consiglieri, in attesa dell'insediamento di un Gran Maestro autonomo per l'America. Un approccio senza dubbio in anticipo sui suoi tempi, ma che prelude sia a un'affermazione sia a una volontà di emancipazione dei Fratelli americani che già si distaccano dall'Europa. Tuttavia fu solo nel 1778, due anni dopo la Dichiarazione di Indipendenza del 4 luglio 1776 a Filadelfia, che ebbe luogo la separazione ufficiale dalla Gran Loggia d'Inghilterra.

   Infatti, l'autorità obbedienziale territoriale non è già più esercitata a Boston dalla sola Gran Loggia d'Inghilterra, che si trova quindi in una situazione di "competizione" con la Gran Loggia di Scozia.

   La prima obbedienza americana vede dunque la luce in Pennsylvania. Attraversata da correnti contrarie – i lealisti contro i sostenitori patriottici della Rivoluzione americana, erede anche delle famose liti sui riti tra Ancients e Moderns – questa  prima obbedienza americana in senso stretto vive le vicissitudini dei periodi travagliati che avrebbe attraversato la società civile. È così che, inoltre, dalla fine degli anni '80 del Settecento, viene riconosciuta la prima loggia nera, creata dal predicatore e schiavo emancipato Prince Hall, iniziato nel 1775 da una loggia irlandese.

   Durante la Guerra d'Indipendenza, i Massoni si ritrovano in una situazione di “missionari dell'Ordine”, ma ciascuno nel proprio campo, contrariamente al principio di “centro di unione” enunciato da Anderson. Questa situazione insurrezionale non costituisce in alcun modo un ostacolo a un forte insediamento della Massoneria o all'attività delle logge, che vediamo moltiplicarsi abbastanza rapidamente. È così anche nei nuovi territori durante la marcia verso il Far West, che è accompagnata, anch’essa, da una notevole espansione della presenza massonica.

 

Massoneria, “establishment” fondatore e potere

   Le grandi figure americane che hanno fatto parte della Massoneria sono tante e oggetto di un culto dei "padri fondatori". La loro eredità si fonde con il fervido patriottismo, e il culto della bandiera e del giuramento di fedeltà alla nazione, come, ma forse un po' di più, la società civile.

   George Washington, ovviamente, ha un posto preminente che nessuno gli contesta in questo pantheon di prestigiosi antenati, con La Fayette, un'altra figura emblematica, che gli è strettamente associata e, in misura minore, con Grasse-Tilly. C'è chi, invece, è veramente odiato, come Cerneau, che ebbe la tracotanza di pretendere di sfidare il RSAA sul suolo americano.

   Benjamin Franklin è anche uno dei Massoni americani particolarmente venerati e a Philadelphia, dove fu proclamata, il 4 luglio 1776, l’indipendenza degli Stati Uniti, un monumento rende omaggio ai firmatari della Costituzione americana, dei quali un terzo era costituito da Massoni. Questo mostra quanto gli inizi politici degli Stati Uniti siano stati segnati dal sigillo dell'Illuminismo e della filosofia massonica.

   Oggi dobbiamo ammettere che la memoria collettiva americana tende un po' a dimenticare il notevole ruolo svolto dal giovane generale La Fayette nella conquista dell'indipendenza. Ma La Fayette resta sempre un simbolo emblematico, un po' facile è vero, dei legami franco-americani. Il suo vascello, l'Hermione, ristrutturato a Rochefort, e il suo viaggio trionfale, che ho potuto accompagnare in America, ne sono state toccanti testimonianze nel 2015.

   Dobbiamo accettare che la matrice britannica del nostro Ordine iniziatico continui a permeare l'intera Massoneria americana e che la nostra influenza massonica soa necessariamente tanto più limitata in un paese che ha sempre uno sguardo diffidente se non condiscendente nei nostri confronti e male accetta la nostra pretesa di continuare a svolgere un ruolo alla “corte dei grandi” presso il Consiglio di Sicurezza dell'ONU e altrove.

   Se intendiamo meglio avvicinarci ai nostri Fratelli separati americani, è importante iniziare a conoscerli meglio. Bisogna tener conto del contesto socio-culturale in cui essi vivono e si evolvono fin dall'inizio della loro giovane storia. In effetti, i loro parametri e riferimenti sono, per molti aspetti, molto diversi da quelli dei loro Fratelli dell'Europa continentale e soprattutto latina. Le prime logge del Nord America portano senza dubbio il segno del contesto unico del New England e dei WASP (White Anglo-Saxon Protestant, protestanti anglosassoni bianchi).

    L’anima spiritualista cristiano-protestante è forse tanto più evidenziata da quando il famoso affaire Morgan, passò in quei luoghi nel 1826 e lasciò tracce profonde fino al punto di minacciare l'esistenza stessa delle logge americane. In un paese il cui motto è In God we trust, è cosa mal vista, anche oggi, il pretendere di affermarsi come un libero pensatore. È persino un'incongruenza inconcepibile nella mente di un massone americano, per il quale il Grande Architetto dell'Universo, nozione di riferimento intangibile, può essere solo il Dio rivelato. La laicità è, essa stessa, una nozione estranea all'universo americano e, di conseguenza, semplicemente difficile da concepire per una mente “americana” normale. Il nostro convento del 1877 è stato e continua a essere sovra-interpretato, creando una sfiducia difficile da superare.

   Un sondaggio condotto all'inizio del 2001 dal Pew Research Center è abbastanza indicativo al riguardo: il 70% degli intervistati considerava importante per loro che il Presidente degli Stati Uniti avesse profonde convinzioni religiose, anche se la Costituzione americana garantisce la separazione tra Chiesa e Stato. Inoltre, è proprio a causa del famoso Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che garantisce l'assoluta libertà di esercizio religioso, retaggio del Mayflower delle origini, che esiste una tale profusione di sette e di gruppuscoli religiosi di ogni tipo, più che in ogni altra parte del mondo. È altresì rilevante che il 45% degli intervistati nel corso del suddetto sondaggio abbia dichiarato di partecipare a una funzione religiosa almeno una volta la settimana. Tuttavia, la società americana è, per definizione, dinamica: un altro sondaggio condotto nel 2011 e che garantisce l'anonimato degli intervistati, ha rivelato che quasi un americano su quattro ha ammesso di non credere in nessun dio.

   Sebbene costi fatica ammetterlo, non sorprende che Albert Pike abbia intitolato la sua opera principale d’insegnamento massonico, Morals and Dogma, testo tuttora autorevole. Un altro dei più noti teorici della Massoneria americana, Albert G. Mackey, fu anche lui autore di opere di riferimento di simile ispirazione deista, tra le quali l’Encyclopedia of Freemasonry  e il libro Symbolism. E nel 1908, Arthur Steiner ha persino offerto un approccio ancora più audace nel suo libro Étude sur la franc-maçonnerie américaine  per gettare "più luce sulla Massoneria americana intesa come religione".

 

Dato che stiamo ragionando insieme su questo universo...

   La progressione iniziatica americana obbedisce anche a usanze notevolmente diverse da quelle prevalenti in Europa. L'ingresso dell'iniziato nella loggia – che quindi non si chiama “iniziazione” – e l'accesso alla maestranza avvengono il più delle volte nell'arco di pochi mesi, quando non si limitano a poche settimane, periodo di tempo necessario per imparare a memoria i rituali dei tre gradi simbolici che vengono trasmessi esclusivamente per tradizione orale e mai riprodotti integralmente. I Massoni americani sostengono che l'apprendimento e la lenta progressione iniziatica possono benissimo avvenire anche attraverso una pratica che si acquisisce durante la vita di loggia. E questa resta di fatto, per la maggior parte, dedicata esclusivamente agli aspetti che si riferiscono alla conoscenza della tradizione e del rito, almeno per gli assidui. Ed è qui che iniziano le tristi note. I Massoni americani stanno sempre più disertando i loro templi. E i circa 1,4 milioni di iscritti non corrispondono ad altrettanti assidui.

   Quanto agli alti gradi, che alcuni chiamano all’inglese side degrees (perché è risaputo che, dall'altra parte della Manica e nelle file della Gran Loggia di Londra, contano soprattutto, se non unicamente, i primi tre gradi), sono conferiti al RSAA, dal 4° al 32°, nell'arco di una tornata di una fine settimana e nell’ambito di una cerimonia collettiva che riunisce "promozioni", o falls, di diverse dozzine di Fratelli Maestri. Si tratta di comunicare molto rapidamente i rudimenti di questi gradi, svuotati così della maggior parte del loro contenuto. L'accesso al 33° e ultimo grado è invece molto più selettivo e strettamente riservato a un numero veramente limitato di Massoni americani.

   Per quanto riguarda la segregazione, nonostante i significativi sviluppi benefici indotti dal pastore Martin Luther King, le comunità massoniche bianche e nere non si mescolano ancora, o molto poco, in un paese in cui persistono tradizioni di comunitarismo. La Massoneria "nera" della Gran Loggia Prince Hall, ma anche quella delle logge di più recente creazione, come Hiram Abif, Gran Logia de Lengua Española o Omega, hanno sviluppato propri sistemi di alti gradi, del tutto indipendenti, ma con caratteristiche sostanzialmente identiche a quelle delle due giurisdizioni “bianche”. A volte si appoggiano più volentieri al GODF, ma sono di dimensioni limitate.

   Vale la pena dire una parola sulle Gran Logge: in perfetta simmetria con la costruzione istituzionale federale, ogni Stato, tranne quello delle Hawaii, ha avuto una Gran Loggia sovrana e indipendente dal 1813, che emana le proprie regole. In termini di riconoscimento delle obbedienze terze, i landmark posti in essere dalla Gran Loggia Unita d'Inghilterra, organismo dogmatico che definisce unilateralmente le cosiddette norme di "regolarità", ulteriormente modificate nel 1989, costituiscono comunque una base comune. Queste Gran Logge sono in numero di cinquanta, compreso il Distretto di Columbia, cioè la capitale federale, Washington. La loro autorità giurisdizionale si esercita su circa 13.000 logge "bianche", mentre trentasei Gran Logge dell'Obbedienza di Prince Hall governano le circa 5.000 officine "nere", per un totale di circa 500.000 iscritti, contro oggi meno di un milione e mezzo di Massoni "bianchi". Cifre sicuramente ancora impressionanti per un europeo, ma da meditare, avvicinandole ancora una volta agli oltre quattro milioni di iscritti del 1957, come detto in precedenza.

   In assenza di una Gran Loggia nazionale di tipo giacobino, che non avrebbe potuto essere accolta più di quanto non avrebbe potuto essere accolto un potere civile federale accentratore, anche il motto degli Stati Uniti E Pluribus unum assume il suo pieno significato paradossale comunitario in campo massonico. Le cinquanta Gran Logge, infatti, gestiscono i rapporti tra loro nell'ambito della conferenza dei Gran Maestri delle Gran Logge del Nord America (Messico, Stati Uniti e Canada), dotata di un segretariato nominato a rotazione da uno dei Gran Maestri americani.

   Fu durante questi incontri annuali che il nostro amico, il Gran Maestro del Grande Oriente di Francia, Alain Bauer, venne eccezionalmente invitato a parlare nel 2003, su invito del Gran Maestro e segretario allora in carica, Tom Jackson, a seguito di una riunione co-organizzata con il mio concorso a Sacramento, sotto l'egida della Gran Loggia della California e del suo valoroso Segretario Generale John Cooper III, più volte, poi, invitato qui, in Rue Cadet, a prendere la parola a sua volta. L'evento fu significativo. L'intervento del nostro Gran Maestro fu la prima incursione, senza alcuna concessione del Grande Oriente di Francia, in questo cenacolo, dove i landmark regnano sovrani. La Gran Loggia di Francia, allora in un'eterna ricerca di improbabili riconoscimenti, ne ebbe inevitabilmente una profonda amarezza. La Gran Loggia Nazionale Francese, invece, mostrò la propria totale indifferenza, sapendo immutabili le regole di esclusività di cui beneficiava, che questo evento, eccezionale ma circostanziale, non metteva in pericolo. Resta non meno vero che, anche se non sconvolgeva l'ordine del mondo massonico, questo discorso di un Gran Maestro del Grande Oriente di Francia, in questo contesto molto formale dove si svolgono importanti consultazioni e sono adottati i principali orientamenti strategici e dove prevale la via del consenso, ebbe un grande significato simbolico.

   Oltre alla Massoneria simbolica e al cosiddetto ‘sistema di comitato’, il corpo massonico americano si compone dei seguenti riti:

-         Nel rito del Royal Arch, il grado noto anche come La Marque è conferito solo agli ex Venerabili di loggia e costituisce il primo di una serie di altri cinque gradi capitolari. È organizzato in un grande capitolo generale le cui origini risalgono al 1798. I capitoli locali sono amministrati sotto l'autorità di un grande capitolo in ciascuno degli Stati in cui esistono. Questo grado fu conferito per la prima volta negli Stati Uniti d'America come side degree nel 1753, nella loggia di Fredericksburg (Virginia).

-         Il Rito della Cripta, creato nel 1783 a Charleston (South Carolina), fa riferimento alla sacra volta situata sotto il Tempio di Salomone. Le sue origini sono attribuite agli istruttori itineranti dell’epoca della marcia verso il Far West.

-         Il Cavalierato Templare dei Knights Templars, di rito cristiano, nasce nel 1816. È organizzato in un Grand Campement Général per tutti gli Stati Uniti.

   In un paesaggio massonico così composito e dove il Rito di York domina quasi incontrastato nei primi tre gradi della Massoneria simbolica, il Rito Scozzese Antico e Accettato è, in sostanza, quello degli alti gradi successivi alla maestranza, anche se alcune rare logge simboliche americane lo praticano nei primi tre gradi. In sostanza, è amministrato da due Giurisdizioni scozzesi sovrane "bianche" e da due strutture "nere" simili sotto Prince Hall. La più antica delle due grandi Giurisdizioni americane, e anche la più importante per numero di effettivi, area geografica territoriale di copertura e portata e influenza internazionale, è la Giurisdizione Sud del RSAA. Come la Gran Loggia Unita d'Inghilterra per le logge simboliche, essa afferma il suo primato universale rivendicando il titolo di Mother Supreme Council of the World (Madre di tutti i Supremi Consigli del mondo). Fu creata il 31 maggio 1801 a Charleston (Carolina del Sud) da un gruppo di Fratelli per lo più fuggiti da Santo Domingo, comunemente indicati come i Gentlemen of Charleston. Furono loro a conferire al rito la sua struttura in trentatré gradi come oggi prevale ovunque nel mondo, e questo da più di duecento anni. Essa riunisce, oltre alle Officine situate negli Stati del Sud, anche quelle situate negli Stati a ovest dell'Illinois e del Wisconsin, per un totale effettivo di circa 500.000 Fratelli distribuiti tra 42 Orienti e 221 Valli in 35 Stati. La Giurisdizione Nord, che totalizza circa 350.000 Massoni, ha sede a Lexington (Massachusetts) e, dal 1813, esercita il suo magistero in 15 Stati.

   Questa panoramica sarebbe incompleta senza un riferimento alle nostre cinque logge americane. Il GODF, infatti, da molto tempo mette in campo tentativi di insediamento con esiti “disomogenei” che hanno incontrato costantemente forti resistenze locali. Ma questo non significa che sia ignorato dai Massoni anglosassoni, il cui pragmatismo è leggendario. Ne sono prova le incursioni in California cui mi riferivo, ma anche i convegni di studio e ricerca che, a seguito delle iniziative del 2007 a Edimburgo, hanno finito per portare a un dialogo disinibito e regolare dei ricercatori tra Parigi e Washington... ma sempre evitando la spinosa questione del riconoscimento. Dobbiamo ammettere che i nostri tentativi istituzionali hanno sempre incontrato venti contrari, quando non feroce acrimonia, a cominciare dalle potenti offensive contro Cerneau. In un certo senso, si tratta dell'applicazione della dottrina Monroe o comunque dell’esclusività giurisdizionale territoriale. La loggia L’Atlantide all'Oriente di New York è saldamente costituita da oltre cento anni. Le nostre più recenti logge francofone e di espatriati più recenti anche a Washington, DC, Los Angeles, San Francisco e poi la recentissima fase di start up e, a mio avviso, un po' incerta in Florida, sono ancora considerate come degli "UFO". Nel 1976 il nostro Gran Maestro e amico Serge Béhar aveva tentato di rompere il soffitto di vetro rispondendo a una richiesta di alcuni Fratelli francesi di New York e accettando la creazione di una loggia anglofona, la loggia mista "George Washington N°1", presto membro del CLIPSAS, per assicurarci di avere una voce in più. Un progetto che si è rapidamente impantanato ed è stato ripreso su iniziativa del Consiglio dell'Ordine nel 1995 dopo le Giornate del Pacifico. La George Washington Union, mista e anglofona – del cui lancio sono stato personalmente responsabile quando ero Maestro Venerabile della RL La Fayette 89 – ha impiegato del tempo per installarsi ma ora è parte integrante del panorama massonico americano. Oggi sta vivendo una dinamica insospettata, moltiplicando le sue posizioni. La GWU ovviamente non minaccia nessuno negli USA ed è ora nell'elenco delle obbedienze "irregolari" della Conferenza delle Gran Logge del Nord America. Il DH federazione americana ha conosciuto solo un'esistenza molto marginale. Vi risparmierò gli spiacevoli sviluppi che potrebbe ispirare l'avventura effimera e dolorosa del Grande Oriente degli Stati Uniti negli anni 2000, che fu solo un povero scherzo lesivo della nostra immagine.

   Concludendo, non sfuggiremo al contesto e al tentativo di metterlo in prospettiva. Gli effetti di una demografia favorevole all’avanzata inesorabile degli ispanici, che si aggiungono al "wokismo", porta gli eredi WASP a riflessi di ripiego identitario che non si riferiscono solo a Donald Trump e che hanno trovato la loro espressione estremamente inquietante anche nell'assalto al Campidoglio del gennaio 2021. Per riprendere l'analisi pertinente di un fine conoscitore, editorialista francese, "le democrazie liberali divorano i loro presidenti" e questo grande Paese maniaco-depressivo dove il ‘declino’ è "una malattia vecchia come la Repubblica americana" è oggi esposto a interrogativi e incertezze che non risparmieranno nemmeno l'Ordine massonico indebolito anche dagli effetti di un società dell'immediatezza digitale. Ma che non ha finito di far sognare.

 

 

 

 

Discours sur le paysage maçonnique américain devant la Juridiction de York, La Marque  du GODF

Paris le 19 février 2022 par Alain de KEGHEL, 33° Passé TPSGC du S.C. REAA-GODF

 

 

   Le Rite de York et de la Marque du GODF, le principal des rites traditionnels pratiqués aux Etats-Unis dans les loges symboliques mais également acteur majeur dans les hauts grades, me fait l'honneur de m'inviter en sa Juridiction au GODF et pour son 20ème anniversaire, à vous exposer aujourd'hui ma vision du paysage maçonnique américain qui fait tant fantasmer. Je vous remercie de cette attention fraternelle et marque de confiance amicale à l'endroit d'un F de notre obédience qui a eu le privilège assez rare de pratiquer des activités maçonniques sept années durant aux Etats-Unis et d'y développer des réseaux d'échange qui perdurent. C'est donc une restitution d'expérience de terrain que je viens en toute modestie partager avec vous sans prétendre pour autant à une quelconque exhaustivité. J'ai déjà choisi cette voie du partage lorsque j'ai entrepris il y a quelques années d'écrire un ouvrage dédié à la franc-maçonnerie en Amérique du Nord dont l'objectif était de tenter de jeter des ponts sans  rien renier de ce que nous sommes au GODF.

Ce n’était bien sûr pas le fruit du hasard si  j'avais choisi pour titre à cet ouvrage une référence au fameux Défi américain de Jean-Jacques Servan-Schreiber. Ce n’est pas non plus seulement parce que nos chemins se croisèrent au début des années quatre-vingt-dix. Une amitié s'était ainsi nouée  avec  JJSS  et mon choix constituait un hommage à la vision de celui qui fut l’un des premiers à se livrer à une enquête complète à partir de l’observation des États-Unis pour assembler les éléments du  puzzle complexe de l'Empire américain pour dissiper les malentendus.

 Jean-Jacques Servan-Schreiber écrivait: « Nous ne sommes pas en présence d’un impérialisme politique classique, d’une volonté de conquête, mais, plus mécaniquement, d’un débordement de puissance dû à la différence de “pression” entre l’Amérique du Nord et le reste du monde, Europe comprise. Cette surpuissance de l’Amérique est ressentie, ...son caractère le plus nouveau étant l’accélération... ».

 

Notre propos se limite ici à l’Ordre maçonnique dans sa dimension américaine. Mais mon  livre ambitionnait naturellement de convoquer une prise de conscience de ce qui est en route et se prépare et à quoi la franc-maçonnerie française et européenne ne saurait rester spectatrice indifférente.

Et en effet,  la franc-maçonnerie d’Amérique du Nord pèse toujours d'un poids considérable. Elle est différente à bien des égards  des Grandes Loges d’Europe continentale mais pas moins  des obédiences du Royaume-Uni. Cet espace est finalement assez méconnu, à l’exception d’un nombre limité de Franc-maçons français qui le fréquentent. Alain Bauer et moi-même avons eu cette particularité et cette complicité pragmatique voici justement une vingtaine d'années en prenant ensemble des chemins de traverse. Donc j'ai aujourd'hui un peu le sentiment de recomposition de ligue dissoute. C'était une époque où, en dehors de toute autre considération, les forces vives conjuguaient leurs efforts dans un seul souci d'efficacité. La création de la Juridiction de York s'inscrivait alors aussi  dans cette dynamique innovante.

C’est avec une approche  se dégageant autant que possible des poncifs que je propose de survoler ici dans le peu de temps qui nous est imparti, la complexité de l'édifice composite maçonnique des Etats-Unis qui repose sur un socle essentiellement de York. Nous voici donc arrivés au cœur de notre sujet de ce jour: les Grandes Loges régissent un certain nombre de dispositions qui s’appliquent à leurs périmètres juridictionnels et donc aux ateliers des grades symboliques. Les degrés après la Maîtrise et singulièrement les deux grands Suprêmes Conseils du Rite Écossais Ancien et Accepté en font tout autant. Ces deux sphères distinctes et  complémentaires, affichent des singularités. Les cousinages anglo-saxons n’excluent point les spécificités américaines à commencer par la place qu'y occupent les side degrees alors que ce n'est pas le cas en Grande Bretagne L’Ordre maçonnique américain, complexe par nature est parfois difficile à cerner pour ceux qui évoluent dans notre environnement gaulois.

Evidement, les Franc-maçons américains se réclament, comme nous et à bon droit, de racines traditionnelles "andersoniennes" qu’ils partagent avec leurs frères séparés du Vieux Continent. La franc-maçonnerie française, comme celle de Londres, y apparaît comme un fil d’Ariane. Ils n’y a donc aucun mal à admettre la filiation historique composite qui les y rattache en sachant s’abstraire de la doctrine parfois avec pragmatisme comme c'est le cas en Californie.

Le déclin de la franc-maçonnerie américaine, sujet bouteille à l'encre qui fait nos délices un peu faciles, s’il correspond bien à une certaine réalité, mérite une analyse réaliste pour en mesurer l’ampleur réelle, sans pathos de la décadence, ni panégyrique de la renaissance. Lorsqu'on part de plus de 4 millions de maçons en 1957, un effectif aujourd'hui inférieur à 1.5 millions n'est pas tout à fait négligeable mais traduit bien une tendance. Il n'en demeure pas moins vrai que ce n'est encore pas encore un corps au bord de l'abîme.

Un rapide retour historique nous remémore qu'il faudra plus de cent ans après l’arrivée en terre américaine du Mayflower avant que des traces d’activités maçonniques documentées n’apparaissent. Souvent très distantes les unes des autres, les loges eurent bientôt besoin d'une cohésion obédientielle placée sous l’autorité d’un Grand Maître provincial nommé par le Grand Maître de la Grande Loge d’Angleterre, Henry Price. Les premiers documents faisant foi ne datent que du 30 juillet 1733. Un an plus tard, Benjamin Franklin édite la première version américaine des Constitutions d’Anderson, premier ouvrage maçonnique publié aux États-Unis. Il devait ensuite accéder lui-même aux responsabilités de Grand Maître provincial de Pennsylvanie... avant de devenir Vénérable de la célèbre Loge des Neuf Sœurs à Paris. Premiers indices de complicités maçonniques transatlantiques nous intéressant directement.

Dès les tout premiers mois qui suivent sa nomination, Franklin fait part au Grand Maître à Londres du souhait des Franc-maçons de sa juridiction d’élire un Grand Maître provincial et ses conseillers, en l’attente de l’installation d’un Grand Maître autonome pour l’Amérique. Une démarche sans doute en avance sur son temps, mais annonciatrice à la fois d’une affirmation ainsi que d’une volonté d’émancipation des frères américains qui, déjà, se démarquent de l’Europe. Ce n’est pourtant qu’en 1778, deux ans après la déclaration d’Indépendance du 4 juillet 1776 à Philadelphie, qu’interviendra la séparation officielle d’avec la Grande Loge d’Angleterre.

En fait, l’autorité obédientielle territoriale n’est déjà plus exercée à Boston par la seule Grande Loge d’Angleterre, qui se trouve donc en situation de  «concurrence» avec  la Grande Loge d’Écosse.

La première obédience américaine voit alors le jour en Pennsylvanie. Traversée par des courants contraires – loyalistes contre patriotes partisans de la Révolution américaine – héritière aussi des fameuses querelles de rites entre Ancients et Moderns, cette première obédience à proprement parler américaine connaît les vicissitudes des périodes troubles que va traverser  la société civile. C’est aussi, dès la fin des années 1780, qu’est  reconnue la première loge noire créée par le prédicateur et esclave émancipé Prince Hall, initié en 1775 par une loge irlandaise.

Durant  la guerre d’Indépendance, les Franc-maçons se retrouvent en situation de « missionnaires de l’Ordre », mais chacun dans son camp, à l’opposé du principe de « centre de l’union » énoncé par Anderson. Ce contexte insurrectionnel  ne constitue nullement un frein à une forte implantation de la franc-maçonnerie ni aux activités des loges que l’on voit même se multiplier assez rapidement. C'est également le cas dans les nouveaux territoires lors de la poussée vers le Far West qui est accompagnée, elle aussi, d’une expansion remarquable de la présence maçonnique.

Maçonnerie, « establishment » fondateur et pouvoir

Les grandes figures américaines ayant appartenu à la franc-maçonnerie est longue et objet d'un culte des « pères fondateurs ». Leur héritage se confond avec le très fervent patriotisme, le culte du drapeau et du serment d’allégeance à la nation, à l’instar, mais peut-être un peu plus encore, de la société civile.

George Washington jouit bien sûr d’une place prééminente qu’aucun ne lui dispute dans ce panthéon des prestigieux ancêtres, La Fayette, autre figure emblématique, y étant étroitement associé et étant, avec Grasse-Tilly à un moindre degré. Il en est qui en revanche sont véritablement détestés, tel Cerneau qui eut l'outrecuidance de prétendre concurrencer le REAA en terre américaine.

Benjamin Franklin, figure aussi au nombre des Franc-maçons américains particulièrement vénérés et à Philadelphie, où fut proclamée, le 4 juillet 1776, l’indépendance des États-Unis, un monument rend hommage aux signataires de la Constitution américaine dont un tiers d’entre eux étaient Franc-maçons. C’est dire combien les débuts politiques des États-Unis furent marqués du sceau des Lumières et de la philosophie maçonnique.

Aujourd’hui, il faut bien admettre que la mémoire collective américaine a quelque peu tendance à oublier la part considérable qu’a prise le jeune général La Fayette dans la conquête de l’indépendance. Mais La Fayette reste toujours un symbole emblématique, un peu facile il est vrai,  des liens franco-américains. Son vaisseau, l’Hermione, reconstitué à Rochefort, et sa tournée triomphale que j'ai pu accompagner en Amérique en fut l’un des poignants témoignages en 2015.

Il faut se rendre à l'évidence que le berceau matriciel britannique de notre Ordre  initiatique continue d'imprégner la maçonnerie américaine tout entière et que notre influence maçonnique  s'en trouve nécessairement d'autant limitée dans un pays qui a toujours un regard méfiant sinon condescendant à notre endroit et accepte mal notre prétention à continuer à jouer un rôle dans la "cour des grands" au Conseil de Sécurité de l'ONU et ailleurs.

Si nous entendons mieux nous rapprocher de nos FF séparés américains, il importe de commencer par les mieux connaitre. Il nous faut  prendre en compte le contexte socioculturel dans lequel ils vivent et évoluent depuis les débuts de leur jeune histoire. En effet, leurs repères et références sont, à de nombreux égards, très différents de ceux de leurs frères d’Europe continentale et surtout latine. Les premières loges d’Amérique du Nord portent incontestablement la marque du contexte si singulier de la Nouvelle-Angleterre et des WASP (White Anglo-Saxon Protestant, soit : « Anglo-Saxon blanc et protestant »).

L'esprit spiritualiste chrétien protestant est peut-être d’autant plus mis en avant que la fameuse affaire Morgan,  est passée par là en 1826 et a laissé des traces profondes au point de menacer l'existence même des loges américaines. Dans un pays dont la devise est In God we trust, il est mal vu, encore aujourd’hui, de s’affirmer libre-penseur. C'est même une incongruité inconcevable dans l’esprit d’un franc-maçon américain pour lequel le Grand Architecte de l’Univers, notion de référence intangible, ne peut qu’être le Dieu révélé.  La laïcité est, elle-même, une notion étrangère à l’univers américain et, en conséquence, tout simplement difficile à concevoir pour un esprit « états-unien » normalement constitué. Notre convent de 1877 a été sur-interprété et continue de l'être, créant une défiance difficile à surmonter.

Un sondage effectué au début de l’année 2001 par le centre de recherche Pew est assez significatif à cet égard: 70 % des personnes interrogées considéraient qu’il était important pour elles que le président des États-Unis ait de profondes convictions religieuses, alors même que la Constitution américaine garantit la séparation de l’Église et de l’État. C’est d’ailleurs en raison même du fameux Premier Amendement de la Constitution des États-Unis, garantissant la liberté absolue d’exercice religieux, héritage du Mayflower des origines, qu’il y a là-bas une telle profusion de sectes et de groupuscules religieux de toutes sortes, plus que partout ailleurs dans le monde. Il est également significatif que 45 % des personnes interrogées lors du sondage précité affirmaient assister à un service religieux au moins une fois par semaine. Cependant, la société américaine est, par définition, dynamique: un autre sondage réalisé en 2011 et garantissant l’anonymat des sondés, a révélé que près d’un Américain sur quatre admettait ne pas croire en un dieu quelconque.

Même si nous avons du mal à l'admettre, il n'est pas surprenant qu’Albert Pike ait intitulé son principal ouvrage d’enseignement maçonnique Morals and Dogma faisant toujours autorité. L’un des autres théoriciens les plus connus de la maçonnerie américaine, Albert G. Mackey, fut lui aussi auteur d’ouvrages de référence  de semblable inspiration déiste, dont l’Encyclopedia of Freemasonry  et son livre Symbolism. Et en 1908, Arthur Steiner a même proposé une approche encore plus hardie dans son livre Étude sur la franc-maçonnerie américaine  pour proposer « plus de lumière sur la franc-maçonnerie américaine en tant que religion ".

Puisque nous diagnostiquons ensemble cet univers...

La progression initiatique américaine obéit aussi à des usages sensiblement différents de ceux prévalant en Europe.  L’entrée de l'initié en loge – qui ne se dénomme donc pas « initiation » – et l’accès à la maîtrise s'opèrent le plus souvent de quelques mois, lorsqu’ils ne se limitent pas à quelques semaines, laps de temps nécessaire à l’apprentissage par cœur des rituels des trois grades symboliques qui sont transmis exclusivement par tradition orale et jamais reproduits in extenso.  Les Franc-maçons américains font valoir que l’apprentissage et la lente progression initiatique peuvent tout aussi bien intervenir grâce à une pratique qui s’acquiert tout au long de la vie en loge. Et celle-ci reste effectivement, pour l’essentiel, consacrée aux seuls aspects relatifs à la connaissance de la tradition et du rituel, au moins pour ceux qui y sont assidus. Et c’est là que le bât blesse aujourd’hui. Les Franc-maçons américains désertent de plus en plus leurs temples. En cela les quelque 1,4 millions d'adhérents ne signifient pas pour autant qu'ils soient autant à être assidus.

Quant aux hauts grades, que certains dénomment à l’anglaise side degrees (car il est bien connu que, de l’autre côté du Channel et dans les rangs de la Grande Loge de Londres, comptent avant tout sinon seulement les trois premiers grades), ils sont conférés au REAA, du 4e au 32e, en l’espace d’une session durant le temps d’une fin de semaine et dans le cadre d’une cérémonie collective regroupant des « promotions » ou falls de plusieurs dizaines de frères Maîtres. Occasion de communiquer très rapidement les rudiments de ces grades ainsi vidés de l’essentiel de leur contenu. L’accès au 33e et dernier degré est, en revanche, beaucoup plus sélectif et strictement réservé à un nombre véritablement restreint de Franc-maçons américains.

Quant à la ségrégation, en dépit d’évolutions salutaires sensibles depuis que le pasteur Martin Luther King est passé par là, les communautés maçonniques blanche et noire ne se mélangent toujours pas ou si peu dans un pays, où perdurent des traditions de communautarisme. La franc-maçonnerie « noire » de la Grande Loge Prince Hall, mais aussi celle des loges de création plus récente, telles Hiram Abif, Gran Logia de Lengua Espanola ou Omega, ont développé leurs propres systèmes des hauts grades, entièrement indépendants, mais aux caractéristiques pour l’essentiel identiques à celles des deux juridictions « blanches ». Elles s'adossent par contraste parfois plus volontiers au GODF mais sont lilliputiennes.

Les Grandes Loges méritent que nous en disions un mot. Dans une symétrie parfaite avec la construction  fédérale institutionnelle, chaque État, hormis celui d’Hawaï, est doté depuis 1813 d’une Grande Loge souveraine et indépendante édictant ses propres règles. En matière de reconnaissance des obédiences tierces, les landmarks édictés par la Grande Loge Unie d’Angleterre, corps dogmatique définissant unilatéralement les règles dites de « régularité » ayant été encore modifié en 1989, constituent cependant un socle commun. Ces Grandes Loges sont au nombre de cinquante, y compris le district de Columbia, c’est-à-dire la capitale fédérale, Washington. Leur autorité juridictionnelle s’exerce sur quelque 13 000 loges « blanches », tandis que trente-six Grandes Loges de l’obédience Prince Hall régissent les quelque 5 000 ateliers « noirs », totalisant un effectif d’environ 500 000 membres contre aujourd’hui moins d’un million et demi de Franc-maçons « blancs ». Des chiffres certes encore impressionnants pour un Européen, mais à méditer en les rapprochant encore une fois des plus de quatre millions de membres encore en 1957, comme je l'indiquais précédemment.

En l’absence d’une Grande Loge nationale de type jacobin, qui n’aurait pas davantage pu être acceptée que n’aurait pu l’être un  pouvoir civil  fédéral centralisateur, la devise des États-Unis E Pluribus unum prend également toute sa valeur paradoxale communautariste dans le champ maçonnique. En effet, les cinquante Grandes Loges gèrent leurs relations entre elles dans le cadre de la conférence des Grands Maîtres des Grandes Loges d’Amérique du Nord (Mexique, États-Unis et Canada) dotée d’un secrétariat assumé par rotation par l’un des Grands Maîtres américains.

C’est lors de ces assises annuelles que notre ami Grand Maître du Grand Orient de France, Alain Bauer, fut exceptionnellement invité à prendre la parole en 2003, à l'invitation du Grand Maître et secrétaire alors en exercice, Tom Jackson,  comme suite à une rencontre co-organisée avec mon concours à Sacramento sous l’égide de la Grande Loge de Californie et de son vaillant secrétaire général John Cooper III plusieurs fois ensuite invité en ces lieux de la rue Cadet à y prendre à son tour la parole. L’événement fut marquant. L'intervention de notre Grand Maître était la première incursion, sans concession aucune du Grand Orient de France, dans ce cénacle où règnent sans partage  les landmarks. La Grande Loge de France, alors en éternelle quête d’improbable reconnaissance, en conçut inévitablement une profonde amertume. La Grande Loge Nationale Française marqua en revanche sa totale indifférence, sachant immuables les règles d’exclusivité dont elle bénéficiait alors et que cette prestation, exceptionnelle mais circonstancielle,  ne les mettait nullement en danger. Il n’en demeure pas moins vrai que, même si elle ne bouleversait pas l’ordre du monde maçonnique, cette prise de parole d’un Grand Maître du Grand Orient de France dans ce cadre très formel où sont conduites les grandes concertations ainsi qu’arrêtées les principales orientations stratégiques et où prévaut la voie du consensus,  fut d’une grande portée symbolique. Les uns et les autres en restèrent là.

À côté de la maçonnerie symbolique et du système dit de comité, le corps maçonnique américain comporte quatre rites :

-     Dans le rite de Royal Arch, le grade dit aussi de La Marque est conféré aux seuls anciens Vénérables de loges et constitue le premier d’une série de cinq autres degrés capitulaires. Il est organisé en un grand chapitre général dont l’origine date de 1798. Les chapitres locaux sont administrés sous l’autorité d’un grand chapitre dans chacun des États où ceux-ci existent. Ce grade fut conféré la première fois aux États-Unis d’Amérique comme side degree dès 1753, dans la loge de Fredericksburg (Virginie).

-     Le Rite de la Crypte, créé en 1783 à Charleston (Caroline du Sud), se réfère à la voûte sacrée située sous le temple de Salomon. Ses origines sont attribuées aux instructeurs itinérants de l’époque de la marche vers l’Ouest.

-     La chevalerie templière des Knights Templars, rite chrétien, a vu le jour en 1816. Elle est organisée en un Grand Campement Général pour l’ensemble des États-Unis.

Dans un paysage maçonnique aussi composite et où le rite de York domine quasiment sans partage aux trois premiers degrés de la maçonnerie symbolique, le Rite Écossais Ancien et Accepté est, par essence, celui des hauts grades après la maîtrise, même si quelques rares loges symboliques américaines le pratiquent dans les trois premiers degrés. Pour l’essentiel, il est administré par deux juridictions écossaises souveraines « blanches » et deux structures semblables « noires » relevant de Prince Hall. La plus ancienne des deux grandes juridictions américaines, et aussi la plus importante tant en termes d’effectifs, de zone géographique territoriale de couverture que de rayonnement international et d’influence, est la juridiction sud du REAA. À l’instar de la Grande Loge Unie d’Angleterre pour les loges symboliques, elle affirme sa primauté universelle en se réclamant du titre de Mother Supreme Council of the World (Mère de tous les Suprêmes Conseils du monde). Elle fut créée le 31 mai 1801 à Charleston (Caroline du Sud) par un groupe de frères ayant pour la plupart fui Saint-Domingue, que l’on dénomme communément les Gentlemen de Charleston. Ce sont eux qui conférèrent au rite sa structure en trente-trois degrés telle qu’elle prévaut partout dans le monde aujourd’hui, et ce depuis plus de deux cents ans.  Elle regroupe, outre les ateliers situés dans les États du Sud, tous ceux qui le sont dans les États à l’ouest de l’Illinois et du Wisconsin, totalisant un effectif de quelque 500 000 frères se répartissant entre 42 orients et 221 vallées sur 35 États. La Juridiction nord  totalisant quelque 350 000 Franc - a, quant à elle, son siège à Lexington (Massachusetts) et exerce, depuis 1813, son magistère dans 15 États .

Ce panorama serait incomplet s'il n'était pas fait référence à nos cinq loges américaines. En effet, le GODF a depuis très longtemps déployé des tentatives d'implantation avec des résultats " inégaux" mais qui se sont heurtés avec une belle constance à une forte résistance locale. Mais ceci ne signifie pas qu'il soit ignoré par des maçons anglo-saxons dont le pragmatisme est légendaire. A preuve les incursions en Californie auxquelles j'ai fait référence, mais aussi les conférences d'études et de recherches qui, à la suite des initiatives de 2007 à Edimbourg, ont fini par déboucher sur un dialogue décomplexé et régulier entre chercheurs entre Paris et Washington...mais toujours en éludant l'épineuse question de la reconnaissance. Nous devons bien admettre que nos tentatives d'établissement ont toujours rencontré des vents contraires lorsque ce ne fut pas une acrimonie féroce, à commencer par les puissantes offensives contre Cerneau. En quelque sorte l'application de la doctrine Monroe ou en tous cas de l'exclusivité juridictionnelle territoriale. La loge l'Atlantide à l'Orient de NY est solidement établie depuis bien plus de cent ans. Nos loges francophones et d'expatriés plus récentes aussi à Washington, DC, Los Angeles, San Francisco puis celle encore en phase de démarrage très récent et, selon moi, un peu incertain en Floride, sont toujours considérées comme des "ovnis". En 1976, notre Grand Maitre et ami Serge Béhar avait bien tenté de briser le plafond de verre en donnant suite à une demande de quelques FF français de New-York en acceptant la création d'une loge anglophone, la loge mixte "George Washington N°1" bientôt membre du CLIPSAS, pour nous y assurer une voix supplémentaire. Un projet qui s'enlisa promptement et fut ressuscité à l'initiative du Conseil de l'Ordre en 1995 après les journées du Pacifique. La George Washington Union, mixte et anglophone - dont je fus personnellement chargé de la lancer alors que j'étais VM de la RL La Fayette 89 - mit un certain temps à s'installer mais fait désormais partie intégrante du paysage maçonnique américain. Elle connait aujourd'hui une dynamique insoupçonnée et multiplie ses implantations. La GWU ne menace évidemment personne aux USA et figure désormais au répertoire des obédiences "irrégulières" de la Conférence des GL d'Amérique du Nord. Le DH fédération américaine, il n'a jamais connu qu'une existence très marginale. Je vous épargnerai les développements désagréables que pourrait inspirer l'éphémère et douloureuse aventure du Grand Orient des Etats-Unis des années 2000 qui fut seulement  une piètre pantalonnade dommageable à notre image.

Au moment de conclure, nous n'échapperons pas au contexte et à une tentative de mise en perspective. Les effets d'une démographie favorable à l'avancée inexorable des hispaniques s'ajoutant au "wokisme", conduit les héritiers WASP à des réflexes de repli identitaire qui ne renvoient pas seulement à Donald Trump et ont trouvé aussi leur expression extrêmement inquiétante dans l'assaut du Capitole en janvier 2021. Pour reprendre l'analyse pertinente d'un éditorialiste français fin connaisseur, "les démocraties libérales dévorent leurs présidents" et ce grand pays maniaco-dépressif où la "déclinite" est " une maladie aussi vieille que la République américaine" est aujourd'hui exposé à des interrogations et incertitudes qui n'épargneront pas non plus  l'Ordre maçonnique fragilisé aussi par les effets d'une société de l'immédiateté du numérique.  Mais il n'a cependant pas fini de faire rêver.

 

 

  

Perché la musica è fondamentale per la preghiera ebraica

La tradizione ebraica insegna che la musica apre la porta alla connessione divina.

 

La musica è la più immateriale ed effimera di tutte le forme d'arte. Non possiamo vedere la musica, non possiamo afferrarla con le nostre mani, ma possiamo sentirla agire attraverso di noi e attraverso il mondo. Come tale, la musica rappresenta la nostra connessione con il divino, dell'uno con l'altro, e con il tutto. La musica è una preghiera senza parole che apre la nostra immaginazione alla fonte divina di tutta la vita.

Nel sistema numerologico ebraico noto come Gematria, il valore numerico delle parole per preghiera, tefillah, e canto, shirah, è identico. Da ciò possiamo vedere che la musica è una forma di preghiera e la preghiera è una forma di musica. Sono come due gambe del trono spirituale, che si sostengono a vicenda. Infatti, il Talmud ci insegna che musica e preghiera sono virtualmente sinonimi, dichiarando:

Dove c'è il canto, c'è la preghiera (Berakhot 6a)

Qual è la fonte di questo collegamento? È possibile che la musica possa aprire le nostre orecchie e il nostro cuore in modo che possiamo percepire meglio le sfumature e le sottigliezze del mondo che ci circonda? Se apriamo le nostre labbra e cantiamo i nostri canti imperfetti, possiamo connetterci con i canti divini di tutta la creazione? I nostri canti di preghiera possono aprire le porte del paradiso? Le nostre melodie possono svelare misteri divini?

La tradizione ebraica suggerisce che si può. I profeti dell'antico Israele si circondavano di musica, usando il suo potere per aiutarli a entrare in uno stato d’animo estatico. In una storia, il profeta Eliseo voleva ascoltare la parola di Dio, quindi chiese a un musicista di iniziare a suonare. Non appena il musicista suonò, iniziarono le capacità profetiche di Eliseo: "E quando il musicista suonava, la mano di Dio era su di lui". (II Re 3:15).

In un'altra storia, Saul, che non era ancora divenuto re, si unì a un gruppo di profeti e musicisti itineranti che suonavano un'arpa, un tamburo e un flauto per aiutare i profeti a entrare in uno stato di coscienza espansa. (I Samuele 10:5-6). Questi tre strumenti — arpa, tamburo e flauto — rappresentano i tre elementi paradigmatici della musica: armonia, ritmo e melodia. Unendosi al gruppo dei musicisti, Saul scoprì che questa esperienza musicale-profetica aveva permesso allo spirito di Dio di posarsi su di lui permettendogli di trasformarsi in un ish acher, una persona diversa, per trovare una realtà alternativa di se stesso in cui era divenuto capace non solo di profetizzare, ma di salire al trono d'Israele.

La musica, possiamo supporre, deve aver aperto le orecchie dei profeti, consentendo loro di sentire la voce divina che parlava attraverso di essi. La musica, in questo senso, ha funzionato come un'unità di ricognizione d'élite che s’infila attraverso i baluardi e le barriere difensive dei profeti, o come un amante dalle parole dolci che corteggia la sua amata. La musica ha aperto la strada al grande dono dell'amore divino, delle profezie che abbiamo almeno in parte conservato nelle parole della Torah e poi nella poesia e nella scrittura.

È possibile che la musica possa anche aiutarci a entrare in regni diversi e scoprire realtà alternative in cui potremmo raggiungere versioni migliori di noi stessi? La musica può aprirci alla nostra ispirazione e alle nostre preghiere come ha aperto i percorsi dei profeti?

Il maestro chassidico del XVIII secolo Nachman di Breslov suggerisce che potrebbe esserci rimasto qualcosa cui possiamo accedere da questa fonte di profezia. Un musicista sacro, spiega, è chiamato chazzan – una parola ebraica con la stessa radice della parola hazon, che significa "visione", e che è anche il termine moderno comune per un capo di preghiera. Il chazzan, ci dice Rebbe Nachman, «strappa il canto dal luogo dove i profeti si abbeverano».

Le melodie formano una scala divina che collega la terra con il cielo. In ebraico, la parola sulam significa sia "scala" sia "scala musicale". Forse la storia più famosa di un percorso verso il cielo è la storia della scala di Giacobbe, in cui il patriarca sogna una scala su cui gli angeli salgono e scendono. Gli angeli, secondo l'autorità medioevale di Maimonide, avevano una funzione essenziale: cantare.

La scala di Giacobbe doveva quindi essere una specie di scala musicale, con angeli melodici che salivano e scendevano insieme alle preghiere dell'umanità. Quando cantiamo, noi speriamo di condurre noi stessi all’esperienza di uno stato di elevazione, un assaggio del cielo, uno sguardo alle migliori versioni di noi stessi.

Essere un musicista allora significa essere un militante dello spirito. Ma la musica non fa questo da sola. Ci chiede di reagire, di aprirci, di cambiare insieme con lei. Dobbiamo permettere al suono del nostro canto di risvegliarci, di portarci all'azione positiva, di lasciare che la musica ci aiuti a svolgere il nostro lavoro nel mondo con sensibilità e grazia.

In definitiva, le melodie sono solo un mucchio di note: se sono fondamentalmente prive di significato o trascendenti dipende interamente da come scegliamo di ascoltare, da come scegliamo di dirigere le nostre intenzioni e se ci lasciamo congiungere alla musica. Il canto non è una fuga dalla vita, ma un tentativo creativo di ricordarci ciò che è ancora possibile. La musica ci offre, gradino dopo gradino, di salire verso il cielo, dove speriamo di scoprire la parte migliore di noi stessi, in modo da poter poi emulare quella santità nella nostra vita di tutti i giorni. Cerchiamo di trovare le nostre melodie, cerchiamo di trovare le nostre preghiere e consentiamo a noi stessi di dare vita al mondo.

Questo saggio è adattato da "The Torah of Music: Reflections on a Tradition of Singing and Song" di Joey Weisenberg. Traduzione di Barbara de Munari.

 

 

 

 

Il romanzo di Giorgio Bassani è anche opera musicale all'Istituto Italiano di Cultura di New York

 

Anteprima all'IIC di una produzione frutto della collaborazione fra il National Yiddish Theatre Folksbiene e la New York City Opera che avrà otto repliche

dal 27 gennaio al 22 febbraio 2022

 

Prima mondiale , New York, 27 gennaio 2022

Creative Team
Musica di Ricky Ian Gordon
Libretto di Michael Korie, tratto dal romanzo di Giorgio Bassani
Regia e coreografia di Richard Stafford
Direttore: James Lowe

 

Evento organizzato congiuntamente dal Consolato Generale d’Italia e dall’Istituto Italiano di Cultura, diretto da Fabio Finotti, e introdotta dal vice direttore dell’IIC di New York Massimo Sarti, con la partecipazione del Console Generale Fabrizio Di Michele: l’opera The Garden of the Finzi Contini’s, composta da Ricky Ian Gordon, su libretto di Michael Korie basato sul romanzo di Giorgio Bassanidiretta da Michael Capasso e Richard Stafford, è una produzione frutto della collaborazione fra il National Yiddish Theatre Folksbiene e la New York City Opera, la storica compagnia d’opera lirica che si esibisce al Lincoln Center.

La rappresentazione della versione operistica americana del lavoro di Bassani – come sottolinea il Console Generale d’Italia a New York Fabrizio Di Michele, dopo aver ricordato l’importanza di continuare a dispensare eventi culturali, pur in streaming, a causa delle restrizioni imposte dallo stato di pandemia da Covid-19 – oltre a riportare in auge un capolavoro della letteratura italiana, rappresenta un modo importante per onorare l’Holocaust Remembrance Day, in una delle tante iniziative che ogni anno vengono proposte dalle diverse istituzioni culturali italiane presenti a New York, a partire dalla lettura dell’elenco dei nomi dei 9700 ebrei deportati dall’Italia durante la Shoah.

La storia infatti, pur aprendosi nel 1957, con un salto temporale riconduce agli anni Trenta, nel periodo dell’emanazione delle leggi razziali e della conseguente discriminazione degli ebrei, per chiudersi con l’amaro ricordo della Seconda Guerra Mondiale e del tragico destino che ha avvinto i membri della famiglia Finzi-Contini.

 

Il compositore Ian Gordon - che in questi giorni andrà in scena anche con il suo 'Intimate Apparel' - si racconta: "The Garden of The Finzi-Continis è la mia opera italiana: ho pensato di mettermi nella testa di Puccini, Verdi, Bellini. Un'operazione molto diversa da quella condotta per 'Intimate Apparel', che è invece molto americano".

"È stato incredibilmente stressante ma anche molto appagante. È strano fare avanti e indietro tra il Lower East Side nel 1905 e la Ferrara del 1945".

 

"Che cos'è l'Altra Parte?" insistette Brida.

"Noi siamo eterni perché siamo manifestazioni di Dio", disse Wicca. "Ecco perché attraversiamo molte vite e molte morti, uscendo da un punto che nessuno conosce e dirigendoci verso un altro punto parimenti ignoto. Devi abituarti al fatto che molte cose non sono, né saranno, mai spiegate. Dio decise di fare determinate cose in una certa maniera, ma il motivo per cui agì in quel modo è un segreto che solo Lui conosce".

"In qualsiasi caso, ciò accade" continuò la donna. "E quando gli uomini pensano alla reincarnazione, arrivano sempre a scontrarsi con una domanda molto ardua: se all'inizio c'erano pochi esseri umani sulla Terra, e oggi ne esistono così tanti, da dove provengono queste nuove anime?".

Brida tratteneva il respiro: si trattava di un quesito che si era posta molte volte.

"La risposta è semplice" disse Wicca, dopo aver assaporato per qualche istante l'ansia della giovane. "In alcune reincarnazioni, noi ci dividiamo. Proprio come i cristalli e le stelle, le cellule e le piante, anche le nostre anime si dividono.

"La nostra anima si scinde in due, e ciascuna di queste nuove entità si suddivide in altre due... E così, nel giro di alcune generazioni, ognuno di noi si ritrova ad abitare buona parte della Terra".

"Ma quale parte ha la coscienza di chi è? Una o tutte?" domandò Brida. Aveva in serbo molte domande, ma voleva affrontare un chiarimento per volta...

"Noi facciamo parte di ciò che gli alchimisti chiamano Anima Mundi, l'Anima del Mondo" disse Wicca, senza rispondere direttamente a Brida. "In realtà, se l'Anima Mundi dovesse soltanto suddividersi, si indebolirebbe sempre di più nonostante la diffusione e l'accrescimento. Ecco perché, mentre la nostra anima si divide, contemporaneamente si ritrova. E questo incontro si chiama Amore. Allorché si scinde, l'anima origina sempre una parte maschile e una femminile. È quanto si afferma in alcune trascrizioni del Libro della Genesi: l'anima di Adamo si divise, ed Eva nacque dall'interno di lui".

"In ogni vita abbiamo il misterioso obbligo di ritrovarci con almeno una di queste Altre Parti. L'Amore Sommo, quello che le ha separate, si rallegra per l'Amore che le unisce di nuovo".

"E come posso sapere chi è l'Altra Parte di me?". Ecco una delle domande più importanti che Brida si era posta nella sua esistenza.

Wicca sorrise. Se l'era chiesto anche lei, con la medesima ansia di quella giovane. Era possibile identificare l'Altra Parte di sé dal bagliore dello sguardo: sin dall'inizio dei tempi, era in questo modo che le persone riconoscevano il Vero Amore.

"Correndo dei rischi" disse "correndo il rischio dei fallimenti, delle delusioni, delle disillusioni, ma non cessando mai di cercare l'Amore. Chi persevererà nella ricerca, trionferà".

"Esiste una sola essenza della Creazione" disse "e si chiama Amore. L'Amore è la forza che ci permette di ricongiungerci, per condensare l'esperienza sparsa in molte vite e in molti luoghi del mondo.

"Dobbiamo reputarci responsabili dell'intera Terra, poiché ignoriamo dove si trovino le Altre Parti che siamo stati sin dall'inizio dei tempi. Se esse staranno bene, saremo felici. Se staranno male, soffriremo, anche se inconsapevolmente, una parte del loro dolore. Ma, soprattutto, noi abbiamo l'obbligo di ricongiungerci, almeno una volta in ogni incarnazione con l'Altra Parte giacché, sicuramente, la incontreremo lungo il nostro cammino, magari solo per qualche istante.

In qualsiasi caso, quegli attimi racchiuderanno un amore così intenso da giustificare il resto della nostra esistenza.

"Ovviamente è possibile che l'Altra Parte di noi prosegua per la sua strada: accade quando ci rifiutiamo di accettarla o magari non ci accorgiamo della sua presenza. In tal caso, avremo bisogno di una nuova incarnazione per rincontrarla e ricongiungerci a essa".

“Si tratta”, disse il rabbino, di una forma di identità liberata”.

E accennò brevemente al concetto di Gilgul, o Gilgul neshamot, il Ciclo delle anime, il concetto di reincarnazione o, meglio, di trasmigrazione (vita-morte-rinascita) delle anime secondo la Cabala ebraica, che si “reincarnavano” solo quando non avevano realizzato lo scopo della loro creazione nella loro vita passata.

Per la tradizione mistica ebraica le anime della maggior parte dei convertiti al giudaismo sono le anime reincarnate degli Ebrei delle generazioni precedenti, che furono tagliate fuori dal popolo ebraico volontariamente o involontariamente. Attraverso la conversione al giudaismo sentono, appunto, di tornare a casa. 

Hannah taceva e assorbiva le parole del rabbino come il deserto assorbe una goccia d’acqua.

Tutto era dialettica in movimento. Tutto doveva essere sempre e continuamente rimesso in discussione. I condizionali erano d’obbligo e così il continuo porsi domande e interrogativi e il discuterne con gli altri.

La spirale circolare doveva continuare a salire. L’identità ebraica era un fenomeno storico in evoluzione e il suo pluralismo ne costituiva una caratteristica essenziale e vitale, connotata da ispirazione, gratificazione, illuminazione dall’esperienza e creatività, del passato e del presente.

E Hannah andò, e camminò. A volte il cammino procedeva leggero, altre volte diveniva pesante, lento, faticoso.

A volte le sembrava di volare, altre volte le sembrava di muoversi piegata dal dolore, ma, tutte le volte in cui la tenebra calava davanti ai suoi occhi, impedendole il cammino, comparivano poi piccole scintille luminose, anime individuali, che le illuminavano nuovamente la strada.

 

La liberazione delle scintille divine, e delle anime, dai frammenti in cui sono imprigionate (e cioè il mondo materiale), comporta un’azione di separazione del bene dal male. 

L’importante è sapere che le scintille possono trovarsi ovunque e che dobbiamo saperle riconoscere…

La capacità di riconoscere la “luce”, in noi stessi e negli altri, e l’imparare a farla splendere, è fondamentale, in quanto contribuisce a completare la creazione di Dio e a migliorare il mondo. 

Perché ogni persona si trovava originariamente congiunta ad alcune altre in un'unica Anima cosmica, che è arrivata in seguito a scindersi in più parti attraverso varie incarnazioni: l'Amore è la forza in grado di ricongiungerle.

Perché là dove esiste un cuore pulsante, là dove esiste l’indagine di se stessi, il Signore è.

TESTI: Paulo Coelho de Souza, Brida

Barbara de Munari, La Storia di Hannah

MUSICA: Marco De Simone, Arrain